Recensioni - Teatro

Brescia: Tra le infinite sfumature del non detto

Umberto Orsini e Franco Branciaroli al Teatro Socale per “Pour un oui et pour un non”

Dopo una fortunata tournée sui più importanti palcoscenici italiani ha debuttato al Teatro Sociale di Brescia  Pour un oui et pour un non di Nathalie Serraute, nuova produzione firmata dalla Compagnia Orsini e dal Teatro de Gli Incamminati, in collaborazione con il  Centro Teatrale Bresciano, con Umberto Orsini e Franco Branciaroli.
Il testo, partendo da una banalissima frase detta da uno dei due protagonisti anni prima che, a causa dell’intonazione con cui era stata pronunciata, aveva provocato il risentimento dell’altro, si snoda in una complessa e meticolosa analisi del linguaggio, del non detto che si nasconde dietro una pausa, il trascinamento di una vocale, una particolare accentazione, un qualsiasi elemento prosodico che può nascondere infiniti significati. Ed è proprio da questo che inizia un articolato e cerebralissimo duello retrospettivo tra i due che si rinfacciano particolari apparentemente insignificanti, registrati in colloqui avvenuti anni prima, rimasti cristallizzati nelle rispettive memorie e dai quali sono germinati rancori, incomprensioni, prese di distanza.

Un testo nel complesso interessante ma che sconta una scarsa teatralità, dando l’impressione di girare un po’ su sé stesso e che lo spiazzante finale riscatta solo in parte. Viene infatti da pensare che se in scena, anziché due mostri sacri quali Umberto Orsini e Franco Branciaroli, ci fossero stati attori più ordinari, il risultato sarebbe stato ben diverso.
Orsini tratteggia con grande carisma un intellettuale che, deluso dagli altri, ma anche da sé stesso, si è progressivamente isolato dal mondo e vive in una realtà che si è parallelamente costruita, rinunciando al confronto. Branciaroli invece dà corpo ad una figura più vitale, che non ha rinunciato a relazionarsi con gli altri e che all’inizio fatica a capire le motivazioni che spingono l’amico a comportarsi a quel modo mentre nella seconda parte cercherà di convincerlo a tornare sui suoi passi.
Pierluigi Pizzi nella triplice veste di traduttore, regista e scenografo, costruisce una regia molto lineare, affidandosi al talento dei due attori, cercando di imprimere un minimo d’azione ad un testo che, fatto salvo per il finale, azione vera e propria non ne prevede.
Calorosa la risposta del pubblico rivolta ai protagonisti.