Recensioni - Teatro

Cremona: Misericordia, un pinocchio dei nostri giorni

Lo spettacolo di Emma Dante al Teatro Ponchielli

Misericordia”: cos’è la misericordia? È solo un atteggiamento religioso? Certo che no. Misericordia è pietà, misericordia è generosità, misericordia è amore. È proprio questo il messaggio trasmesso da Emma Dante all’interno di uno spettacolo di grande effetto che è in grado, per tutta la sua durata, di catturare l'attenzione del pubblico, immobilizzandolo in un silenzio profondo, un silenzio interrotto soltanto da un flebile ticchettio che comunica la presenza in scena di tre donne e un ragazzo, seduti su quattro sedie di legno.

Le donne, Anna, Nuzza e Bettina, sono impegnate nel lavoro a maglia, mentre il ragazzo, Arturo, si muove seguendo il ritmico andamento delle braccia delle madri; le tre donne, infatti, sono per Arturo delle mamme. In realtà la madre naturale di Arturo, Lucia, è morta a causa delle continue e crudeli violenze subite da Geppetto, il padre del bambino, un uomo crudele che, non accettando la paternità, ha voluto trasformare il proprio rifiuto in rabbia, divenendo un assassino e giungendo ad uccidere non solo Lucia, ma anche in un certo senso il figlio che, nascendo settimino e vittima di violenza, è venuto alla luce affetto da un terribile deficit psico-motorio che gli impedisce di parlare e gli provoca improvvisi spasmi corporei.
Leonarda Saffi (Anna), Manuela Lo Sicco (Nuzza) e Italia Carroccio (Bettina) si fanno portavoci di questa tremenda storia: riescono ad evocare e delineare nei minimi particolari lo strazio, le sofferenze e il dolore provati dalla propria amica Lucia. Per ottenere l’effetto sperato e riprodurre nella mente degli spettatori le immagini di questa storia, esse utilizzano parole semplici, ma precise, si servono di un registro basso, esprimendosi in pugliese e siciliano, si muovono nello spazio, ricreando il terribile scenario vissuto e rendendo così il pubblico partecipe e testimone di una disgrazia tanto grave, di una vera e propria ingiustizia.

Nonostante l’immensità di queste sofferenze e la povertà delle proprie vite, le tre donne decidono di accudire Arturo e di prendersi cura di lui secondo le proprie possibilità: esse non hanno nulla, vivono in un tugurio, durante la notte diventano prostitute, sono analfabete, non hanno niente da insegnare al ragazzo, ma tutte queste mancanze vengono degnamente colmate dall’immenso amore che esse provano nei suoi confronti e che gli dimostrano con teneri abbracci e dolci carezze. 
Anna, Nuzza e Bettina sono dunque, proprio come afferma Emma Dante, delle vere e proprie fate madrine per Arturo, il quale in un certo senso può essere associato a Pinocchio: egli, infatti, è sottoposto ad un processo di crescita che culminerà nel momento in cui le tre donne sceglieranno di affidarlo ad un istituto che si possa occupare veramente della sua educazione e lo possa aiutare a diventare uomo. È ben evidente il processo di maturazione cui è sottoposto Arturo, un processo massimamente espresso dal graduale mutamento dell’intensità dei movimenti eseguiti da Simone Zambelli che veste magistralmente i panni del ragazzo: tali movimenti da macchinosi e spastici diventano, nel corso della storia, sempre più morbidi ed avvolgenti; Arturo sta crescendo, da burattino diventa bambino; ora, grazie all’amore ricevuto e alla fiducia riposta nelle tre donne, è in grado di vestirsi da solo e, addirittura, di pronunciare la parola più dolce esistente al mondo: mamma.

Leonarda Saffi interpreta un’Anna decisa, forte e determinata, ma allo stesso tempo soggetta alle emozioni e alla sofferenza: essa appare estremamente addolorata nel raccontare la tragica vicenda di Arturo, che narra attraverso sottili, ma pregnanti, variazioni del tono della voce, le quali non fermano però l’incessante successione delle parole. Italia Carroccio tratteggia con sapienza una Bettina impegnata nei continui litigi familiari con Anna, mediante il suo fantastico e realistico accento siciliano. Al suo fianco Manuela Lo Sicco si distingue per le movenze estremamente naturali, una naturalezza che trova riscontro anche nella voce, caratterizzata da una particolare profondità.
Splendida ed estremamente coinvolgente la prova di Simone Zambelli (Arturo), il quale, grazie alla fluida e dinamica esecuzione delle proprie coreografie, è in grado di ipnotizzare ed ammaliare il pubblico: particolarmente apprezzabile la dolce e ineffabile danza eseguita con l'accompagnamento dalla musichetta del carillion.