Recensioni - Teatro

Cremona: Shakespeare tra ingenuità ed innocenza

Il pubblico del Ponchielli torna bambino con ilSsogno di una notte di mezza estate

Infanzia è sinonimo di ingenuità o di innocenza? L’infanzia è luogo di crescita, di purezza, di leggerezza. I bambini sono catapultati in un mondo già avviato, carico di problemi, cattiverie, menzogne, ma, allo stesso tempo, di felicità, generosità e buone azioni. I più piccoli, a causa della propria inesperienza o, per meglio dire, purezza d’animo, sono soliti notare i lati positivi del mondo e pensare che tutti siano pronti ad aiutare il prossimo; al contrario, noi ci focalizziamo sui mali che lacerano le nostre vite e tendiamo a non fidarci subito degli altri. Ma la vita è una tela bianca che, pennellata dopo pennellata, passo dopo passo, si tinge di innumerevoli colori che, dai più scuri ai più chiari, delineano il complesso groviglio dei pensieri che dominano le nostre menti. Noi siamo un agglomerato di sentimenti; siamo concreti, ma allo stesso tempo astratti. Cosa saremmo se non fossimo esseri pensanti? Come vivremmo senza libero arbitrio? Come sopravviveremmo se non potessimo sognare? I sogni costituiscono la nostra essenza, ci permettono di raggiungere luoghi mai esplorati, ci consentono di immaginare l’inimmaginabile. Senza sogni saremmo persi. Ma, quando fantastichiamo in totale libertà, senza limitazioni o pregiudizi, siamo soggetti ad un incantesimo e, come per magia, possiamo visitare un mondo migliore, quello visto con gli occhi dei bambini. Ed è proprio lo sguardo innocente dell’infanzia che viene presentato nel Sogno di una notte di mezza estate di Andrea Chiodi, (produzione LAC Lugano Arte e Cultura, in coproduzione con CTB- Centro Teatrale Bresciano, Centro D’arte Contemporanea Teatro Carcano, Fondazione Atlantide, Teatro Stabile di Verona, partner di ricerca Clinica Luganese Moncucco), andato in scena al Teatro Ponchielli di Cremona.

La traduzione e l’adattamento di Angela Demattè risultano essere fedeli all’originale shakespeariano; la storia si sviluppa a partire dalle nozze di Teseo e Ippolita e sfocia in tre quadri distinti, ma allo stesso tempo comunicanti: quello dell’amore, caratterizzato dagli intrecci delle coppie Lisandro-Ermia e Demetrio-Elena, quello della magia, simboleggiato dal re delle fate Oberon, dal suo folletto Puck e dall’incantesimo eseguito su Titania e, infine, quello del teatro, generato dalla messinscena di Piramo e Tisbe ad opera di un gruppo di artigiani ateniesi.

Il palco è costantemente occupato da uno scivolo e da una giostrina adagiati su un prato grigio: questi tre semplici elementi delineano il bosco incantato in cui si svolge l’intera rappresentazione; leggerissime pareti, costituite da un reticolato di sottilissimi fili neri, contornano il tutto, rendono la scena più ampia e le conferiscono un senso di delicatezza e dinamismo. Gli attori attraversano questi veli e, mediante un particolare effetto vedo-non vedo, rappresentano azioni che avvengono in differenti punti del bosco.

Il nero domina le scene (di Guido Buganza), questa misteriosa ed oscura atmosfera viene però ravvivata e resa magica dai costumi (di Ilaria Ariemme) estremamente variegati e, allo stesso tempo, connessi al significato dell’opera e alla psicologia dei personaggi: abiti voluminosi di tulle e sui toni del rosa per i personaggi del mondo incantato, vestiti bianchi ed estremamente casual per i quattro innamorati e buffi e vivaci costumi per gli artigiani ateniesi.

Emilia Tiburzi interpreta una bambina che, sin dall’inizio, instaura un dialogo con il pubblico, trasportandolo nel fantastico mondo dei sogni: a lei, infatti, vengono affidati sia l’incipit sia le battute finali della rappresentazione; è proprio grazie a questa Ringkomposition che lo spettatore acquisisce la consapevolezza di aver compiuto un viaggio indietro nel tempo. Ottima la prova di Anahì Traversi che interpreta con estrema naturalezza sia Ippolita sia Titania. Convince anche Igor Horvat che, nei panni di Oberon e Teseo, spesso si serve di toni forti. Il Puck di Beatrice Verzotti è un folletto impetuoso, dall’animo leggero e scherzoso.

Ermia (Caterina Filograno), Elena (Giulia Heathfield Di Renzi), Lisandro (Alberto Marcello) e Demetrio (Sebastian Luque Herrera) sono protagonisti di coinvolgenti ed intricati quadretti amorosi, all’insegna di dolci parole ed aspri litigi, spesso enfatizzati dall’utilizzo di un alto tono di voce. Ben riuscita la prova del gruppetto di artigiani ateniesi: Alberto Pirazzini (Roberto Famelico), Alfonso De Vreese (Nicola Bottom), Jonathan Lazzini (Mastro Lindo), Marco Maravacchio (Pietro Zeppa) , Giuseppe Aceto (Franco Piffero) e Cristiano Moioli (Tomaso Becco), i quali, con i propri atteggiamenti comici, divertono e suscitano numerose risate nel pubblico.

Il Sogno di una notte di mezza estate avvolge il teatro in un lieve velo di mistero e magia, un velo che può essere oltrepassato soltanto assumendo lo sguardo innocente, mai ingenuo, dei bambini.