Recensioni - Teatro

Cremona: Tra mistero ed ironia

Una piacevole edizione del Delitto di via dell’Orsina di Labiche al Teatro Ponchielli

Il Teatro Ponchielli di Cremona è pervaso da una leggera aura di mistero avvolta da una sottile, ma efficace ironia: è andato in scena Delitto di via dell’Orsina, uno spettacolo tratto da L’affaire de la rue de Lourcine di Labiche e prodotto dal Teatro Parenti e dalla Fondazione Teatro della Toscana.
La versione proposta  da Andrée Ruth Shammah non è una semplice traduzione dell’originale (comunque realizzata da Andrée Ruth Shammah e Giorgio Melazzi), ma una vera e propria opera di rielaborazione: la storia è ambientata nell’Italia degli anni Quaranta del secolo scorso e non nella Francia della metà dell’Ottocento, i nomi di tutti i personaggi vengono italianizzati (Lenglumé diventa Zancopè e Mistingue è Mistenghi, per esempio) e i camerieri sono due (a Justin, già presente nell’originale, viene aggiunto Amedeo).

Il disegno della trama è in linea con quello ideato da Labiche. Lenglumé e Mistingue hanno partecipato ad una rimpatriata dell’Institution Labadens (che frequentavano da liceali); i due non si riconoscono durante la cena, ma, nonostante questo, dopo essersi ubriacati, passano l’intera serata insieme e, la mattina dopo, si trovano ambedue, increduli, nel letto di Lenglumé senza però ricordare nulla di quanto accaduto la notte precedente. La moglie di quest’ultimo, Norine, leggendo il giornale (che si scoprirà poi essere di molti anni prima: del 1837 nell’originale e del 1920 in questa rappresentazione), nota la notizia dell’assassinio di una giovane carbonaia e, i due, subito, pensano di esserne i responsabili: essi, infatti, hanno le mani nere di carbone, ma non ricordano di essersele sporcate, hanno smarrito degli oggetti (un fazzoletto ed un ombrello) che sono stati trovati sulla scena del crimine e, inoltre, Potard (cugino di Norine) allude a delle azioni disdicevoli commesse dai due la sera precedente. Da qui si genera una serie sorprendente ed estremamente coinvolgente di equivoci che, nel finale, vengono snocciolati ad uno ad uno.

L’intera rappresentazione si svolge nella casa di Zancopè; le elegantissime scene (di Margherita Palli), avvolte da pareti grigie e da un pavimento a quadri bianchi e neri, si trovano in uno stato di continua evoluzione: le stanze prendono forma mediante intelligenti meccanismi che permettono l’introduzione di pannelli (le pareti) e conducono ad una sempre nuova ed arguta disposizione degli spazi. Il palco, inizialmente, è la camera da letto, costituita da un baldacchino, poi diventa il soggiorno, caratterizzato da una poltrona giallo ocra, un tavolino, un vaso di fiori, un pouf e delle semplici sedie di legno, successivamente si trasforma nella sala da pranzo, delineata da una tavola imbandita direttamente in scena. I costumi (di Nicoletta Ceccolini) sono ben inseriti nel contesto storico rappresentato: smoking per i due protagonisti, un semplice abito arancione pastello per Norina, una livrea per Amedeo, cappotto blu e vestito a giacca per Potardo.

Delitto di via dell’Orsina non è solo recitato, ma anche arricchito da piacevoli canzoncine e melodie (di Alessandro Nidi) che si inseriscono perfettamente nei dialoghi e generano un piacevole alternarsi di musica e parola. Massimo Dapporto (Zancopè) e Antonello Fassari (Mistenghi) dominano la scena per l’intera durata dello spettacolo: i loro dialoghi sono estremamente naturali e velati da un’ironia leggera e mai sconveniente; i due attori trasmettono la forte complicità instauratasi tra i rispettivi personaggi che si ingegnano per individuare le scuse più plausibili per provare la propria innocenza.  La Norina di Susanna Marcomeni risulta estremamente spontanea sia nella recitazione sia nel canto. Marco Balbi interpreta un Potardo pronto a collaborare e ad aiutare i due uomini in cambio di denaro. Buone anche le prove di Andrea Soffiantini (Amedeo) e Christian Pradella (Giustino). Non indifferente la presenza di Luca Cesa-Bianchi, l’Uomo Sagoma che, con la propria apatia e il proprio sguardo fisso rivolto verso il pubblico, porta e sposta sul palco delle sagome (tratte dalle opere di Paolo Ventura), che evocano il mistero del delitto.

Delitto di via dell’Orsina travolge il pubblico che, colpito dalla leggerezza e dall’ironia sempre elegante e raffinata dello spettacolo, applaude calorosamente, soddisfatto della piacevole serata.