Recensioni - Teatro

Cremona: un Cyrano metateatrale

L'opera di Edmond Rostand al Ponchielli nell'allestimento firmato da Arturo Cirillo

Il teatro è un luogo fuori dal comune, è una sorta di macchina del tempo che offre agli spettatori la possibilità di raggiungere una stanza segreta, in cui vengono raccontate innumerevoli storie, descritti sentimenti inesprimibili e presentati mondi magici: nell’accettare ed utilizzare le chiavi di questa stanza, concediamo al teatro le chiavi del nostro cuore.  Il vero significato del teatro è accompagnare il pubblico alla scoperta di nuovi mondi, solitamente inaccessibili, attraverso le tre principali azioni che dovrebbero dominare le nostre vite: amare, sognare e provare emozioni. È proprio questo il messaggio che viene trasmesso dal Cyrano de Bergerac (originale di Edmond Rostand, 1897) della regia di Arturo Cirillo (produzione di Marche Teatro, Teatro di Napoli, Teatro Nazionale di Genova, ERT), andato in scena presso il Teatro Ponchielli di Cremona.

Cyrano presenta essenzialmente tre topoi letterari: amore, amicizia e dolore. Cyrano è un uomo sensibile, un coraggioso spadaccino, intelligente, colto, abilissimo nella poesia, ma ha un difetto: un naso quasi sovrumano per dimensioni e forma che allontana da sé tutte le donne e, in particolare una, sua cugina Rossana, di cui è follemente innamorato. La donna, però, a sua volta, ama (ricambiata) Cristiano, un uomo bello che sembra essere un grande poeta, ma che in realtà non ha particolari doti letterarie. Rossana chiede al cugino di proteggere l’amato: Cyrano, in virtù dei suoi sentimenti, accetta questa difficilissima impresa e, col passare del tempo, quella che doveva essere una semplice protezione si trasforma in una sincera amicizia. Cyrano, pertanto, aiuta e sostiene Cristiano, preparando per lui discorsi e lettere d’amore. In questo modo, l’abile poeta ha la possibilità di esprimere, anche se indirettamente, il proprio amore per la cugina, la quale, soltanto alla fine, quando ormai sarà troppo tardi, si renderà conto della profondità d’animo in lui racchiusa.

Il sipario si apre e lo sguardo del pubblico è subito catturato dalla presenza, nel centro del palco, di un secondo sipario cilindrico e di un uomo di spalle con bastone e cappello. Il telo rivela dietro di sé alcuni uomini e donne, sono gli attori: essi, come se si trovassero nei propri camerini, indossano le vesti dei rispettivi personaggi. È questo l’incipit di Cyrano de Bergerac: una scena che tende al metateatro e che culmina nell’entrata proprio di un teatro in miniatura contente il simbolo dell’intera rappresentazione: il naso di Cyrano. Le scene (di Dario Gessati) sono estremamente semplici, ma, allo stesso tempo, elaborate e curate nei minimi dettagli: strutture assimilabili a palchetti, microfoni ad asta, panchine, un balconcino, una sagoma di carrozza etc. etc..

La scenografia viene ulteriormente impreziosita dalle luci di Paolo Manti: esse si fanno più cupe nei momenti di dolore, seguono i personaggi nei propri movimenti e generano giochi di luci ed ombre (ne è esempio il momento del combattimento tra Cyrano e alcuni sicari, in cui il palco è pervaso da un’intensa luce rossa e le ombre dei personaggi sono proiettate sul fondale). La luminosità, i brillantini, la lucentezza sono gli ingredienti che donano all’intera rappresentazione un pizzico di magia. Proprio questa magia è evocata dai particolarissimi costumi di Gianluca Falaschi che sono i tipici abiti da spettacolo: smoking per gli uomini, un abito lungo azzurro per Rossana, uno smoking con gilè viola per Cyrano, mantelli arancioni, abiti lunghi e pomposi per i personaggi femminili, punteggiati da paillettes, arricchiti da piume e dominati da colori sgargianti e di forte impatto visivo. 

Lo spettacolo è in crescendo e subisce un’evoluzione: l’ironia iniziale si trasforma progressivamente in tragicità; il tutto avviene con estrema delicatezza, tanto che il processo di mutamento dei toni risulta essere estremamente naturale, quasi impercettibile, come se l’ironia iniziale cercasse di celare delle emozioni incontenibili e volesse accompagnare il pubblico alla scoperta di esse. La storia di Cyrano è proprio questa: un groviglio di sentimenti contrastanti che, proprio a causa della loro intensità, conducono inevitabilmente a profonde sofferenze. Un ruolo fondamentale è svolto dalla poesia: la scienza della parola, l’unico mezzo esistente in grado di dare forma ed esplicitare i propri pensieri, il modo più efficace per descrivere la complessità di un sentimento tanto forte quale è l’amore. L’amore è un elemento intrinseco dell’animo di Cyrano: egli ama profondamente Rossana e, pur di vederla felice, è disposto a fare un passo indietro e ad aiutare il proprio rivale. Coadiuvare Cristiano è l’unico modo che Cyrano ha per sentirsi vicino a Rossana. Cristiano, infatti, non sa comporre poesie e conta unicamente sul proprio aspetto fisico, ma sono le parole che “scrive” a colpire profondamente la donna, la quale, grazie ad esse, comprende quanto l’interiorità prevalga sull’esteriorità. Ma Rossana, in realtà, anche se inconsapevolmente, ama Cyrano, il quale si è sacrificato e ha messo il proprio cuore a servizio della bellezza di Cristiano: “Tu sarai la mia bellezza ed io il tuo cuore sarò”, queste sono le parole che il protagonista rivolge all’amico e che contengono la vera essenza dell’intera rappresentazione. Bellezza e sentimento non sempre coincidono, apparenza e realtà sono sempre separate da un filo che, più o meno sottile, decreta il prevalere dell’una sull’altra e viceversa.

Non indifferente è la componente del canto (musiche di Federico Odling) che, attraverso musiche inedite e rielaborazioni di melodie note, risulta parte integrante dell’intero spettacolo e si inserisce perfettamente tra i dialoghi: la musica, inizialmente, è dominata da un tono vivace e comico, poi, con il susseguirsi degli eventi, si fa sempre più dolce e travolgente. La Rossana di Valentina Picello è una donna che, nel corso della rappresentazione, subisce un’evoluzione: da ragazzina ingenua diventa una donna che comprende il vero significato della vita e dei sentimenti. Giacomo Vigentini interpreta Cristiano in modo estremamente spontaneo e naturale ed è in grado di far emergere la sincerità e l’importanza che l’amicizia può avere all’interno della vita di una persona. Ottime anche le prove di Carlo Amleto Giammusso (il conte De Guiche, un altro uomo innamorato di Rossana), Rosario Giglio (Regueneau, un poeta pasticcere amico di Cyrano) e Giulia Trippetta (la governante di Rossana). Vero protagonista è Arturo Cirillo che, oltre ad occuparsi della regia, interpreta magistralmente Cyrano: l’attore è in grado di delineare tutte le sfumature che caratterizzano il proprio personaggio, servendosi prima della sua inconfondibile e mai sconveniente ironia e facendosi poi trasportare dalla natura e dalle sensazioni intrinseche degli eventi raccontati.

Il pubblico, travolto dalla magnificenza delle scenografie e dall’intensità della rappresentazione, applaude calorosamente e comprende il vero significato dello spettacolo: il teatro e la poesia non sono solo fonti di diletto, ma rappresentano quel passaggio segreto che permette di accedere al vero significato della vita.