Recensioni - Teatro

Ecuba tragedia antica e contemporanea

Il testo della drammaturga Marina Carr in prima nazionale al Teatro Olimpico di Vicenza. Protagonista un’intensa Elisabetta Pozzi

Corre un brivido lungo la schiena quando si sente Ecuba, moglie di Priamo, una delle ultime superstiti dell’assedio di Troia, riferirsi ai greci che stanno saccheggiando la città con la frase: “Questo è genocidio, ci stanno eliminando” proprio nei giorni in cui l’esercito turco sta invadendo le regioni curde del nord della Siria. E la sensazione si rinnova quando Ecuba, riferendosi al mito di Euripide, secondo il quale Elena non era mai stata realmente rapita da Paride, ma a Troia era stato condotto solo un suo fantasma, accusa Agamennone dicendogli: “Elena non esiste. Vi siete inventati un pretesto per aggredirci.”

Ecuba di Marina Carr, prodotta dal Centro Teatrale Bresciano, che ha debuttato al Teatro Olimpico di Vicenza con la regia di Andrea Chiodi, protagonista Elisabetta Pozzi, è un testo che parla di guerra. Una guerra di sopraffazione feroce, spietata, fine a se stessa, il cui unico scopo è l’annientamento del nemico. Infatti Elena, che era il motivo per cui i greci avevano intrapreso la loro spedizione, non è mai realmente esistita ed agli dei che chiedono sacrifici umani, per far alzare il vento che consenta alle navi di salpare, non crede nemmeno Agamennone. Lo stesso Agamennone che, quando Polidoro, figlio di Ecuba, prima di essere giustiziato, gli chiede il perché di tutto questo, si ritrova faccia a faccia con la propria barbarie e lui, greco civilizzato, non può che constatare la superiorità del popolo che sta distruggendo.
Marina Carr attinge alla tragedia antica per ricomporre il materiale in una sorta di narrazione corale in cui i ricordi si concatenano e rimbalzano tra i vari personaggi, che spesso non recitano solo le loro battute ma anche quelle degli altri, in una sorta di guerra verbale che si sovrappone a quella reale. Un testo non facile, articolato ed affascinante che si mantiene in sottile equilibrio tra lo straniamento brechtiano e il coinvolgimento emotivo.

Andrea Chiodi domina perfettamente questa complessa drammaturgia a incastro e, da raffinato cesellatore di emozioni quale è, costruisce uno spettacolo per sottrazione, in cui nulla viene enfatizzato ma i pochissimi e misurati gesti sono sufficienti ricreare la tensione. Bastano un mucchio di fotografie per ricordare le macerie della città, due valigie e un baule a far riaffiorare l’immagine della deportazione, due carriole per trasportare i cadaveri di Polidoro e Polissena, figli di Ecuba.  
Le azioni sono contrappuntate dalle leggere e profonde musiche di Daniele D’Angelo che, come nell’intensa scena in cui le donne mangiano la zuppa, scandiscono i tempi e ritmi e culminano nel potente climax del sacrificio di Polissena.

Elisabetta Pozzi, che da anni ha intrapreso un percorso attraverso le grandi figure della tragedia greca, sia affrontando i testi classici, sia le riscritture contemporanee -Iannis Ritsos in primis-, ci regala un’altra grande interpretazione. La sua è un’Ecuba intensa, drammatica, mai enfatica, ma costruita su dettagli e sfumature, che ne delineano la complessa psicologia, sia nel rapporto con Agamennone, che detesta ma a cui si concede, sia in quello con i figli, in particolare Cassandra, che quasi non riconosce come tale.  
Alfonso Veneroso costruisce un Agamennone tormentato, che, se in pubblico appare violento e arrogante, in privato spesso ha la sensazione di trovarsi in una situazione più grande di lui, e non a caso, nella scena in cui deve mandare a morte Polidoro, fatica a sostenere il dialogo con il giovane re.
Fausto Cabra è un Odisseo spavaldo e sopra le righe mentre Federica Fracassi disegna una Cassandra in continua ricerca di affermazione, che si tratti dell’accettazione delle sue profezie da parte della gente, oppure dell’affetto della madre Ecuba che non l’ha mai veramente amata come figlia.
La Polissena della brava Valentina Bartolo, a dispetto della giovane età è ormai un’adulta, dato che ha già conosciuto l’amore di Achille, e con coraggio e consapevolezza affronta il suo destino di vittima sacrificale, così, come con grande dignità, si comporta anche il fratello Polidoro, efficacemente interpretato da Alessandro Bandini.
Completano il valido cast Luigi Bignone (Neottolemo), Alfonso De Vreese (Polimestore), ed i due servi di Alessandra Spinelli e Nicola Pighetti.
Successo incondizionato tributato da un Teatro Olimpico completamente esaurito. Da non perdere quando verrà ripreso a primavera 2020.