Recensioni - Teatro

Elena tra realtà e fantasia

Il caleidoscopico spettacolo firmato da Davide Livermore per il Teatro greco di Siracusa in scena all’Estate Teatrale Veronese

È una tragedia sui generis Elena di Euripide, perché nel finale non vi sono morti, anzi, dalla storia traspare una sottile ironia. Paride in realtà non ha mai rapito Elena, la moglie di Menelao, che gli era stata assegnata da Afrodite come premio per averla incoronata “più bella tra le dee”, ma ha preso un fantasma con le sue sembianze, oggi potremmo dire un ologramma, quindi un’entità incorporea. Il fatto che nessuno si sia accorto di questo equivoco ha consentito che si scatenasse comunque la guerra di Troia, con la sua sequenza di lutti e distruzioni, mentre Elena in realtà è stata trasferita in Egitto, dove è sempre rimasta. Ed è lì, alla corte del re Teoclimeno che ritrova Menelao, approdato sulle coste mentre sta facendo ritorno a casa, dopo aver vinto la guerra ed espugnato Troia. Entrambi, dopo essersi riconosciuti e dopo essersi chiariti su come sono andate veramente le cose, riusciranno a convincere con l’inganno il re a farsi assegnare una nave ed a fuggire insieme.

Il regista Davide Livermore, autore dell’allestimento che ha debuttato a Siracusa al Festival del Dramma Antico ed è stato riallestito al Teatro Romano di Verona a chiusura dell’Estate Teatrale Veronese 2019, costruisce uno spettacolo visivamente potentissimo, in cui realtà ed apparenza si confondono e la scena è dominata da uno schermo gigantesco, su cui vengono proiettate immagini in continuo movimento. La vicenda è ambientata in un Inghilterra pre-vittoriana (c’è più Grecia al British Museum che ad Atene ha dichiarato il regista), caratterizzata da costumi sfarzosi ed opulenti, che strizzano l’occhio all’opera lirica. È uno spettacolo barocco, sovraccarico, eccessivo, che tra giochi di luce e scene in continuo movimento, accompagnate dalla costante colonna sonora firmata da Andrea Chenna, non conosce un attimo di tregua e tiene soggiogato lo spettatore.
Su di un palcoscenico cosparso d’acqua, che può essere acqua del Nilo, del Mediterraneo, o l’acqua primordiale da cui sgorga la vita, agisce un cast che asseconda perfettamente questa interpretazione, spinta all’eccesso, senza però rinunciare ad una connotazione politica: gli uomini fanno la guerra per futili motivi, nemmeno per una donna ma addirittura per l’immagine di una donna, per un fantasma.

Laura Marinoni è un’Elena intensa e vibrante, magnetica sulla scena, che si confronta con l’efficace Menelao di Sax Nicosia. Simonetta Cartia è una Teonoe che ricorda le grandi dive d’opera, sia nell’abbigliamento che nell’atteggiamento, e si cimenta sulla scena in articolati, vocalizzi mentre Giancarlo Judica Cordiglia è un efficacissimo Teoclimeno in chiave dandy, che strizza l’occhio ad Oscar Wilde. Maria Grazia Solano è una vecchia volitiva mentre Viola Marietti si disimpegna con disinvoltura nel ruolo di Teucro. Significativo l’apporto del coro costituito da donne dall’abbigliamento mascolino e uomini con gonne femminili.
Caldissimo successo di pubblico e del pubblico del teatro romano che è stato al gioco e si è lasciato trascinare in questa Elena caleidoscopica ed avvolgente.