Riuscita messa in scena di Desiderio sotto gli Olmi di Eugene O’Neill nella nuova trasposizione di Lisa Wentz
La drammaturga Lisa Wentz ha ricevuto dal teatro di stato tirolese una commissione per creare una trasposizione contemporanea di un grande classico del teatro americano di inizio novecento: Desiderio sotto gli Olmi (Desire Under the Elms), dramma del 1924 di Eugene O’Neill.
La tragedia, ispirata al mito di Fedra, è originalmente ambientata nel New England rurale ai tempi della corsa all’oro. La Wentz adotta il titolo “Verlangen”, trasporta l’azione nelle alpi creando un parallelo fra l’ambiente rurale americano e l’idillio montano tirolese, che per l’autrice in realtà nasconde le più tremende insidie della brama e del possesso. Non per niente la parola Verlangen in tedesco ha un significato ambivalente rispetto all’originale Desire.
Nella versione della Wentz infatti tutto gira intorno alla brama di possesso della fattoria, più che al desiderio sessuale che scatta fra i protagonisti. La drammaturga ammanta la sua traduzione con una patina di accento tirolese, ma lascia sostanzialmente intatta la classicità della lingua di O’Neill, adottando spesso stilemi classici e a tratti desueti. La trasposizione è nella sua sostanza fedele alla storia originale, con il figlio Eben che pretende la fattoria ereditata dalla madre, il cui possesso è insidiato dalla nuova moglie dell’anziano padre, Abbie/Agnes a seconda delle versioni. Se non che fra Eben e Abbie/Agnes scocca la scintilla della passione che porta alla nascita di un figlio. Eben abbandona poi l’amata convinto di essere stato usato dalla donna per ottenere un erede, a cui infine andrà tutta la proprietà. Il figlio nel finale originale viene ucciso dalla madre disperata e abbandonata da Eben.
Lisa Wentz apporta due modifiche sostanziali: introduce ed espande il personaggio della prostituta Mina, solo citata nell’originale, che diviene l’alter ego femminista della protagonista e a cui vengono create scene apposite di una certa importanza. Poi modifica pesantemente il finale, in cui i protagonisti non vengono arrestati e condotti via dallo sceriffo per l’infanticidio, bensì si uccidono a vicenda in un carnaio da tragedia shakespeariana.
Agnes uccide il figlio di Eben e viene uccisa da quest’ultimo, che si impicca per il rimorso. Il padre di Eben, rimasto a questo punto l’unico in possesso della fattoria, viene a sua volta ucciso dalla prostituta Mina, che nel frattempo ha avuto una figlia da Eben. Essa prenderà così alla fine possesso dell’agognata fattoria che verrà venduta per garantire una vita migliore alla sua bambina. Ecco che il “desire” di O’Neill diventa il “Verlangen”, cioè la brama, di Wentz, tragico corollario al supposto e ossessivamente decantato idillio alpino tirolese.
Ottima la realizzazione scenica di questa nuova drammaturgia, con la regia attenta e rigorosa di Cilli Drexel e le belle e funzionali scene di Vibeke Andersen. La scenografa crea un ambiente alpino stilizzato, con delle quinte tridimensionali che rimandano alle immacolate cime innevate del Tirolo, nel cui interno traslucido accadono e si nascondono le peggiori nefandezze. Belli, semplici e funzionali anche i costumi di Janine Werthmann.
Grande prova per tutti gli attori, coinvolti, convincenti e ben preparati. A partire dal magnetico Eben di Tommy Fischnaller-Wachtler, che regala un personaggio crudo, sprezzante, determinato assommando coinvolgimento emotivo e tecnica sorvegliata. Al suo fianco la Agnes della brava Julia Posch, credibile e intensa nel delineare una donna opportunista. Superlativo l’Ephraim di Christoph Kail, che riesce a portare con convinzione la figura dell’avido proprietario senza mai scadere nella macchietta. Attenta, magnetica e ieratica la Mina di Marie-Therese Futterknecht. Ben caratterizzati i due fratelli interpretati da Patrick Ljuboja e Florian Granzer.
Vivo successo nel finale.
Raffaello Malesci (29 Settembre 2024)