Come ogni estate, torna la rassegna Villa in vita a Fermo
Purtroppo la pioggia ha portato ad un cambio location e dalla suggestiva Villa Vitali, ci siamo spostati all'elegante Teatro dell'Aquila.
In scena uno spettacolo molto atteso: "Il sogno di una cosa" con Elio Germano e Theo Teardo.
"Il sogno di una cosa" è il primo romanzo di Pier Paolo Pasolini, scritto tra il 1949 e il 1950, ma pubblicato solo nel 1962. Originariamente era intitolato "I giorni del Lodo De Gasperi".
I protagonisti sono tre giovani, tre "ragazzi di vita", Nini, Milio ed Eligio, figli di braccianti, provenienti da Ligugnana, Rosa e San Giovanni (paesi nella pianura del Tagliamento, in Friuli Venezia Giulia, dove si svolge tutta l'azione). Milio partirà per la Svizzera, Nini ed Eligio per la Jugoslavia, con la speranza di trovare un lavoro sicuro, animati dagli ideali comunisti.
La scena è minimale, con due scrivanie nere attaccate, i due artisti seduti e una luce quasi fioca a creare una piccola atmosfera. La narrazione del testo è affidata ad Elio Germano, che ancora una volta si dimostra attore sensibile alla realtà attuale, perché la scelta stessa di un autore "profetico" come Pasolini, ci dice già molto della sua visione del mondo.
Lo affianca il poliedrico musicista Theo Teardo, sempre bravissimo a creare e a tessere mosaici sonori che non accompagnano semplicemente la narrazione, ma interagiscono con l'attore in modo capillare e continuo. Ci sono i suoni della natura (vento, pioggia, animali), ci sono le voci e i rumori del paese, c'è l'elettronica mischiata al folk. Ci ha stupito, all'inizio, che con l'organetto sia stato eseguito il tema di un saltarello, una danza popolare tipica di Marche ed Abruzzo, visto che la storia è ambientata nel Nord Italia. Un omaggio alle Marche? Non possiamo saperlo.
Germano si è dimostrato capace di una lettura rigorosa, senza fronzoli espressivi, senza esagerazioni sentimentali. Il pathos del racconto è tutto nel racconto stesso e in quella voce pacata, a tratti rassegnata, ma sempre asciutta.
Il testo di Pasolini, pur essendo un'opera giovanile ancora acerba, ha la capacità di colpire al cuore lo spettatore, per l'attualizzazione della storia. Facile vedere nei ragazzi protagonisti, tanti degli attuali migranti che lasciano la propria terra in cerca di fortuna. Facile vedere in loro le speranze tradite, la fame, le ingiustizie subite, lo sfruttamento. È proprio questa la forza di Pasolini, di guardare al futuro con largo anticipo. Lo ha fatto parlando dei giovani sessantottini, del boom economico, delle stragi di stato, di emigrazione.
Alla fine il pubblico è esploso in un lungo e commosso applauso. Non poteva essere altrimenti.
Marco Sonaglia (Teatro dell'Aquila-Fermo 28 luglio 2025)