Recensioni - Teatro

Goethe e le “Regole per attori” fra ideale e disciplina

Aspirazione all’ideale classico, ma anche prosaici problemi pratici nella direzione del teatro di Weimar, portano il sommo poeta tedesco a scrivere una vera e propria lista di regole per gli attori

Nel 1791 Johann Wolfgang Goethe diviene direttore del Teatro di corte di Weimar, fondato proprio in quell’anno. Il grande poeta, insieme all’amico Friedrich Schiller, tenta di intraprendere una riforma della drammaturgia e dell’arte scenica secondo gli ideali letterari del classicismo di Weimar.

Dalla poesia alla prassi teatrale tuttavia la strada si dimostrò irta di ostacoli, sia letterari che organizzativi, tanto che la direzione goethiana del teatro fu caratterizzata da notevoli alti e bassi. Dal grande successo del “Wallenstein” di Friedrich Schiller, al tremendo fiasco di un capolavoro quale “La Brocca Rotta” di Heinrich von Kleist, messa in scena dallo stesso Goethe e solennemente fischiata perché noiosa e inconcludente.

La riforma di Goethe intendeva spingere gli attori ad imitare la realtà, scagliandosi tuttavia al tempo stesso contro una falsa idea di naturalezza. Goethe voleva una “rappresentazione idealizzata” che non si limitasse a mostrare la verità, bensì fosse in grado di unire la verità con il bello. La verità sul palco doveva essere liberata dalle scorie della realtà per giungere all’ideale che non era una riproduzione della vita, bensì una creazione del poeta nei suoi drammi. “Inoltre ricordi sempre l’attore, che non ha semplicemente da imitare la natura, bensì deve rappresentarla anche idealmente, e che deve perciò, nella sua rappresentazione, unire il vero con il bello.” (Regola 35)

Goethe chiede espressamente di non utilizzare il concetto di “quarta parete” e di rivolgersi direttamente al pubblico, proprio perché la pura e semplice “illusione” non è altro che un trucco di bassa lega, posto in contrapposizione alla verità che deve corrispondere all’ideale. Ne consegue che agli attori viene richiesta una misurata e piacevole declamazione, l’eliminazione di ogni inflessione dialettale, il bel gesto calibrato e controllato. Esattamente quello che per più di un secolo a venire verrà identificato con il teatro “classico” e che sarà, in verità, più terreno di elezione dei francesi che dei tedeschi.

Certo l’attuazione di questo ideale si scontrò duramente con la realtà, creando al povero Goethe grattacapi di ogni genere. Così nel 1803 Goethe illustrò le sue norme recitative agli attori Pius Alexander Wolff e Karl Franz Grüner, che presero attentamente nota facendo nascere un piccolo pamphlet a codici denominato “Regole per gli attori”. Il libretto fu revisionato poi da Johann Peter Eckermann e approvato dallo stesso Goethe, tanto che nel 1824 finì pubblicato fra le opere di Goethe.

Al di là dell’idea di teatro prettamente classicista e idealizzata di cui si è già detto, la lettura delle “Regole per gli attori”, mostra che gli attori con cui aveva a che fare Goethe, nelle vesti di direttore e regista ante litteram, dovevano essere particolarmente recalcitranti e indisciplinati. Perciò leggiamo nella regola 17: “L’imparare a memoria in modo sbagliato o incorretto è la causa presso molti attori di una sbagliata e incorretta pronuncia”. Oppure la 74: “L’attore non mostri il fazzoletto sul palco, inoltre eviti di soffiarsi il naso e ancor di più di sputare”. La 39: “…non recitate di profilo, né date le spalle al pubblico…” Ancora la 84: “Si eviti di recitare attaccati alle quinte”.

Insomma per raggiungere l’ideale Goethe dovette per forza di cosa divenire maestro di disciplina, tanto che alle sue “Regole” fece seguire una dettagliata serie di multe draconiane che dovevano colpire ogni sgarro. L’attrice Wilhelmine Maas fu addirittura messa per otto giorni agli arresti domiciliari dopo aver accettato di recitare come ospite in un teatro di Berlino. Insomma Goethe anticipò in questo senso gli altrettanto severi provvedimenti del Duca di Meiningen, dalla cui compagnia, più tardi nell’ottocento, nascerà l’idea della moderna regia teatrale e di ensemble.

Goethe lavorava per il suo teatro ideale e le sue regole contengono anche passi ancora moderni e attuali sulla vera essenza e significato del teatro, come la regola 82: “Il palco e la sala, gli attori e il pubblico costituiscono per prima cosa un tutt’uno”.

È probabile che anche oggi molti attori siano ancora indisciplinati, ma questa verità del teatro da allora non è cambiata.

R. Malesci