Messa in scena lenta e cerebrale del regista olandese Johan Simons per il capolavoro di Georg Büchner
Il Burgtheater di Vienna è il teatro statale di tradizione per la prosa nella capitale austriaca. Nato per volontà di Maria Teresa, ha ospitato tutti i maggiori drammaturghi e musicisti, basti ricordare che tre opere di Mozart hanno avuto il loro debutto alla Burg, ovvero al Castello, come familiarmente viene chiamato dai viennesi.
La sede attuale risale alla fine dell’ottocento e ricorda l’architettura dell’epoca, con molte analogie, anche se ovviamente più in piccolo, con l’Operà Garnier di Parigi. L’attuale struttura è stata restaurata tale e quale dopo un pesante bombardamento durante la seconda guerra mondiale.
La Burg è un teatro di repertorio, cioè una sala dove tutti gli anni vengono riprese per più serate sparse nella stagione gli spettacoli che rimangono in cartellone, anche se hanno debuttato a volte anche decenni prima.
Per La Morte di Danton di Georg Büchner il debutto risale solamente al dicembre del 2023, perciò la messa in scena è relativamente recente. La regia è affidata ad un artista di fama e di gran vaglia, l’olandese Johan Simons, coadiuvato alle scene da Nadja Sofie Eller e ai costumi da Greta Goiris.
Simons sfrutta tutto l’immenso palco del Burgtheater, inquadrando la scena in un ampio semicerchio delimitato da una tela bianca e da un muro di legno, sempre circolare, a cui sono applicate delle sedie appese. Per ilo resto la scena è vuota, scabra, infinita.
Büchner crea, con La Morte di Danton, una riflessione sulla rivoluzione, sul potere e sul modo di esercitarlo e, in ultima analisi, sull’uomo, che dietro all’anelito per il potere spesso nasconde sé stesso e le proprie perversioni. Il testo di Büchner è un manifesto programmatico di ciò che accadrà: tutto è già svelato dal titolo. Non è il cosa succederà, ma il come ad essere pregnante e in definitiva altamente contemporaneo. I discorsi dei protagonisti, le riflessioni sulla vita, sulla morte, sull’uomo e sul potere basterebbero da sole a creare la tensione e il risultato. Al regista spetterebbe di condurre in porto la nave facendo parlare il testo di Büchner, che vale sempre la pena di ascoltare.
Non così la pensa Simons, che nel vuoto scenico sovrastruttura la narrazione, inserendo stralci estrapolati da Heiner Müller, aggiungendo inoltre il personaggio del suggeritore, per creare una sorta di metateatralità e di dialogo con il pubblico. Veste tutti i personaggi da clown con pesanti maschere di cerone. Il regista imposta tempi lenti, lunghi e sovrumani silenzi; movimenti controllati e stralunati, luci al neon accese e spente ex abrupto e così via. Nel finale fa ampio uso della pedana rotante, con i personaggi che si fanno trascinare dal suo moto perpetuo. In buona sostanza una dose di stilemi teatrali mutuati per lo più dal teatro sperimentale degli anni settanta e ottanta del novecento.
Le congetture sui rimandi testuali, le possibili spiegazioni, gli ammiccamenti allo straniamento brechtiano, le metafore e le allegorie potrebbero abbondare, basti pensare alla suggestione dei “clown al potere”, più che mai attuale oggidì. Purtroppo quello che veramente manca, e qui sta il peccato mortale, è lo spettacolo, il teatro. Perché tutto è giustificabile a teatro tranne la noia. E lo spettacolo di Simons, una volta capito il gioco, semplicemente annoia.
Certo il testo di Büchner, o quello che ne rimane, resta immenso e niente può il regista contro la grandezza di pagine come il grande proclama programmatico di Robespierre, la rivalità fra la virtù di quest’ultimo e la gioia di vivere di Danton; o ancora il discorso finale di Danton al giovane Camille Desmoulin, condannato a morte insieme a lui. Qui il testo vive di vita propria a dispetto di tutto.
Gli attori si distinguono tutti per bravura e professionalità. Spicca il Robespierre invasato di Michael Maertens e il Saint Just intriso di malvagità di Jan Bülow. Tutto l’ensemble è da citare avendo cercato di mettere in pratica le controverse idee registiche al meglio: Nichloas Ofczarek, stralunato e rassegnato Danton, Felix Rech, Johannes Zirner, Maximiliam Pulst, Ole Langerpusch, Marie-Luise Stockinger e Andrea Wenzl.
Dopo un primo momento di imbarazzato silenzio, il pubblico applaude tutti gli interpreti.
Raffaello Malesci (Venerdì 3 Gennaio 2025)