Prima esecuzione assoluta di Die Hölle auf Erden (L’inferno in terra) farsa politica di stampo espressionista risalente agli anni trenta del novecento e mai rappresentata
Ai Kammerspiele (Il Teatro da “Camera”) della capitale tirolese è andata in scena la prima assoluta di Die Hölle auf Erden (L’inferno in Terra) della scrittrice austriaca Maria Lazar, nata a Vienna da una famiglia ebrea nel 1895 e morta suicida a Stoccolma nel 1948, dopo una vita passata a fuggire le persecuzioni naziste.
Scrittrice prolifica, pubblica il suo primo romanzo nel 1920 , entrerà in contatto con i maggiori scrittori di area tedesca del suo tempo, da Elias Canetti a Bertolt Brecht. Una larga parte della sua produzione in esilio non fu mai pubblicata e venne riscoperta dalla nipote solo negli ultimi anni. Fra le commedie dimenticate anche Die Hölle auf Erden, pubblicata in Germania quest’anno e che trova a Innsbruck la sua prima assoluta.
Maria Lazar è figlia del suo tempo ed è largamente influenzata dal teatro politico degli anni venti e trenta del novecento, nonché dal teatro espressionista. In Die Hölle auf Erden si riconoscono infatti numerosi richiami alle avanguardie teatrali del tempo. La commedia della Lazar utilizza gli stilemi dello straniamento e del teatro a tesi tipici di Bertolt Brecht, ma anche l’ironia graffiante e a tratti sboccata in cui si riconosce Wedekind, la crudezza sociale tipica di un Ödön von Horváth, e la comicità stralunata che sembra arrivare direttamente dal cabaret e dalla baviera di Karl Valentin. Si riconosce poi smaccatamente l’influenza di Elias Canetti, che Lazar protesse durante l’esilio, in particolare della sua Commedia delle Vanità, con l’esagerata pletora di personaggi e il procedere per episodi paradigmatici, che dietro alla narrazione, spesso evanescente, nascondono un intento sociale ed educativo.
Teatro politico dunque, satira sociale, pacifismo e femminismo, questi i temi affrontati dall’autrice. La trama rimane perciò un pretesto: Dio è in pensione e non si interessa più del destino degli uomini, al suo posto manda nel mondo San Pietro e due angeli per risolvere le cose. Ecco allora che troviamo le avventure di San Pietro, successivamente del Diavolo, alle prese con le tragedie umane in una serie di episodi che in parte restano di assoluta e scottante attualità: la guerra imminente, il fascismo, la famiglia, le istituzioni sovranazionali. Il tutto condito di satira, paradossi, una buona dose di provocazione in una drammaturgia che negli intenti dovrebbe essere essenzialmente comica.
La regia è stata affidata alla giovane Anna Marboe, che ambienta la storia in una stralunata contemporaneità metateatrale, in cui gli attori agiscono scopertamente all’interno di un teatro che potrebbe essere un cabaret, dove l’azione è alternata a canzoni e pezzi musicali. La scena, i costumi, invero non sempre azzeccati, e i video sono di Elisabeth Weiß. La pièce procede per episodi, con nove attori che interpretano una miriade di personaggi. Le idee sono tante e si assommano via via in una narrazione non sempre chiara e intelleggibile, ove le donne sono quasi sempre interpretate da uomini e viceversa. Molti episodi sono piacevoli e divertenti, altri illuminanti, altri sviluppano associazioni e riflessioni, ma bisogna dire che ad un certo punto la confusione prevale, e non sempre lo svolgimento è efficace. Alla lunga i personaggi risultano scialbi e i collegamenti si seguono con difficoltà, nonostante sopra la scena una scritta molto brechtiana illustri sempre dove si svolge la scena. Si ha l’impressione che sia mancata una visione chiara nel lavoro drammaturgico e che la provocazione tipica del teatro d’avanguardia si sia annacquata in stilemi ormai consueti del teatro contemporaneo. Manca poi il graffio della comicità vera, scoperta, provocatoria che è fondamentale per rendere efficace un teatro ad episodi.
Il secondo atto è molto più breve del primo, quasi alla messa in scena mancasse qualcosa, inoltre la compagnia è forse arrivata al finale musicale della commedia un po’ in affanno.
Fra gli attori spiccano Daniela Bjelobradić e Kristoffer Nowak, rispettivamente Professor F e sua moglie. Entrambi convincono per aderenza al personaggio e capacità comunicativa, ove Nowak spicca anche per le sue eccellenti doti musicali. Da lodare anche tutto il resto del cast, anche se qualche attore ci è parso fuori parte: Marion Reiser, Philipp Rudig, Cansu Şîya Yıldız, Petra Alexandra Pippan, Ulrike Lasta, Sara Nunius, Stefan Riedl.
Grandi applausi per tutti nel finale.
Raffaello Malesci (28 Settembre 2024)