Novantanove anni fa Franz Kafka pubblicava “L’artista del digiuno”, metafora sull’arte per i tempi di magra che stiamo vivendo
Artisti, cantanti, attori stanno, ormai da un anno, vivendo un periodo difficile. Niente musica, niente opera, niente teatro e, quel che è peggio, visto le nuove restrizioni, nessuna reale prospettiva di ripresa. La stagione è ormai totalmente compromessa e non si può che sperare nella stagione 2021 – 2022.
Franz Kafka nel 1922 racconta un “artista del digiuno” (Ein Hungerkünstler), che forse ben rappresenta la situazione attuale di chi si occupa, o vorrebbe occuparsi, di arte e spettacolo.
Il protagonista del racconto kafkiano espone infatti le sue privazioni, la sua fame: appeso in una gabbia digiuna per quaranta giorni di seguito per il voyeurismo del pubblico. Viene sorvegliato affinché non riesca a mangiare trasgredendo la sua missione, ma egli è un artista coscienzioso, onorato, non verrebbe mai meno al suo magistero del digiuno.
Egli potrebbe anche digiunare più a lungo, ma l’impresario ha notato che dopo quaranta giorni l’interesse del pubblico scema e perciò gli fa cambiare piazza e iniziare un nuovo periodo di fame.
Questi sacrifici, questa abnegazione artistica non servono però a salvarlo. Piano piano il pubblico lo abbandona, non riesce più ad apprezzare la sua arte fatta di privazioni estreme. L’artista finisce allora in un circo, esposto accanto agli animali e alle bestie feroci, fino ad essere dimenticato, lasciato morire in un angolo e sostituito da una pantera.
Kafka con la sua prosa altamente metaforica coglie la situazione dell’arte e dell’artista che non può vivere altrimenti, per il quale l’arte è vita, realizzazione, compimento. “Perché dovremmo ammirarti?”, chiede il responsabile del circo, la risposta è terribile e disarmante: “Perché devo digiunare, non posso altrimenti”.
Il parallelo fra la visione pessimista di Kafka e i tempi attuali è evidente: il teatro, l’opera vengono percepiti come inutili, ridondanti, orpelli da baraccone delle meraviglie. L’artista contemporaneo deve essere avvezzo al digiuno artistico, che per molti oggi si trasforma anche in fame materiale, nella necessità di fare altro.
Quello che fa più male, oggi come allora, è l’incomprensione: “Egli poteva digiunare bene quanto voleva, e lo faceva, ma niente poteva più salvarlo, il pubblico passava oltre. Provate a spiegare a qualcuno l’arte del digiuno!”
Purtroppo non c’è consolazione per l’artista, Kafka almeno non ne vede: “Invero egli era sicuro, che anche per l’arte del digiuno sarebbe ritornato il tempo propizio, ma per i viventi non era certo una consolazione”.
Tornerà l’età dell’oro? Speriamo di esserci.
R. Malesci
Citazioni: da Franz Kafka, Ein Hungerkünstler, in Sämtliche Werke, Shurkamp Verlag, Francoforte sul Meno, 2008, traduzioni dell’autore.