Recensioni - Teatro

L’avaro energico e asciutto di Ugo Dighero

Bella prova dell’attore nel capolavoro di Moliere, a fasi alterne lo spettacolo

Prosegue la stagione di prosa del CTB con l’arrivo di un classico della comicità: L’avaro di Moliere. Lo spettacolo porta la firma registica di Luigi Saravo ed è una coproduzione fra Centro Teatrale Bresciano, Artisti Associati di Gorizia, lo Stabile di Bolzano con a capofila il Teatro Nazionale di Genova, dove lo spettacolo ha debuttato nel novembre del 2023, per giungere ora a Brescia con una nutrita tournée alle spalle.

Il regista Luigi Saravo sceglie di dare alla commedia un taglio contemporaneo, cercando una recitazione asciutta, lontana da stilemi classici, con atteggiamenti e costumi contemporanei. Il testo è mantenuto nella sostanza con poche modifiche e ammiccamenti all’attualità. L’ambientazione è in una casa asettica, costruita con leggere quinte di stoffa trasparente, sullo sfondo si vede il muro di un giardino e una distesa d’alberi. Scene e costumi di Lorenzo Russo Rinaldi e dello stesso regista.

La casa è spoglia poiché tutto è riposto in teche di vetro chiuse a chiave. Un rimando all’accumulo non solo di denaro, ma anche di oggetti. La cassa piena di soldi è nascosta sotto la porta di entrata, appena usciti in giardino, seguendo la più ferrea tradizione della pentola d’oro plautina.

La messa in scena è giocata in chiave simbolica, con Arpagone che rifugge qualsiasi richiamo alla macchietta e diviene piuttosto un uomo contemporaneo, ossessionato dal denaro e dall’accumulo. Le teche vengono continuamente spostate, creando vari ambienti in cui i personaggi si muovono. Arpagone a tratti è come in tranche, si sente il cinguettio degli uccelli nel giardino, ogni tanto qualche tuono divino. In tre occasioni si sentono dei “pueri cantores” che, proiettati sulla porta centrale, intonano formule economiche, cambiali, tassi di prestito. In particolare questo effetto è simpatico e suscita molte risate, ma il tutto, dai movimenti delle teche a queste canzoncine ironiche, ritorna troppe volte perdendo la sua pregnanza.

L’azione è efficace e spigliata, anche se a tratti la recitazione segna il passo e il ritmo rallenta. La comicità è eccessivamente compressa e spesso prevale una certa impostazione cerebrale dei personaggi. Gli interventi registici risultano nel complesso sovrabbondanti. Diverse volte manca semplicemente Moliere e la sua commedia. Nel finale, sempre problematico nelle commedie, lo scioglimento degli equivoci risulta macchinoso e non risolto al meglio. Il tutto però si conclude con la classica ma sempre apprezzata canzoncina ruffiana, sotto una pioggia di denaro che cade dall’alto. Tutti i personaggi si avventano allora sulle banconote come a dire che tutti gli altri, pubblico compreso, non sono molto differenti da Arpagone.

Ugo Dighero è il vero mattatore della serata, con il suo Arpagone perfido, diretto, composto, tutto giocato sulla parola, salvo prorompere in un’animalesca performance fisica nel celebre monologo che segue il furto della sua cassa di denaro. Una grande prova per lui. Dighero dà poi il meglio quando affiancato dalla brava Frosina di Mariangela Torres, che azzecca con pulizia e verve un bel carattere.

Meno convincenti gli attori giovani, che difettano spesso di ritmo, come del resto un po’ tutto lo spettacolo, e mostrano le corde sia tecnicamente che vocalmente. Una spanna sopra gli altri il Valerio appassionato e volonteroso di Fabio Barone, sempre energico e partecipe. Eccessivamente lezioso e distaccato il Cleante di Stefano Dilauro, il cui regionalismo romano non è di aiuto alla credibilità del personaggio. Decisamente inesperte e sotto tono le “amorose”: Elisabetta Mazzullo e Rebecca Redaelli. Completano il cast Cristian Giannarini, Paolo Li Volsi e lo stesso regista Luigi Saravo.

Teatro pieno di studenti, con molti applausi nel finale.

Raffaello Malesci (Martedì 20 Febbraio 2024)