
Spettacolo semplice e scanzonato con la regia di Marco Baliani
Prosegue al Teatro Nuovo di Verona la stagione teatrale, con il Teatro Stabile del Veneto che presenta, insieme alla compagnia Gli Ipocriti, “Arlecchino?”, spettacolo ispirato al Servitore di Due Padroni di Carlo Goldoni, ma ampiamente riscritto e rimaneggiato da Marco Baliani, che ne firma anche la regia.
Lo spettacolo più che intorno a Goldoni è costruito intorno all’attore padovano Andrea Pennacchi, assurto a notorietà grazie ai suoi caustici monologhi teatrali e televisivi, che si cala nei i panni di Arlecchino, parte improbabile per lui come fisico del ruolo ed età. Il gioco è semplice e di lunga tradizione teatrale: il teatro che mette in scena il dietro le quinte, con i suoi numerosi imprevisti uniti a rocambolesche ed estemporanee soluzioni. Una scalcagnata compagnia si trova alle prese con i soliti problemi di produzione ed è costretta a sostituire all’ultimo il personaggio principale, Arlecchino appunto, per la messa in scena del Servitore di due Padroni di Carlo Goldoni.
Ovviamente arriva Andrea Pennacchi, abbastanza inverosimilmente mandato da una fantomatica quanto improbabile agenzia teatrale. Il resto procede seguendo più o meno la storia di Goldoni, con numerosi intermezzi lasciati all’estro monologante di Pennacchi, e gli altri sei attori che si alternano in tutti gli altri personaggi. La scena di Carlo Sala è semplice e riprende il palco itinerante della Commedia dell’Arte, con grande spolvero di tendaggi aperti e chiusi in continuazione e abbastanza inutilmente. I costumi, sempre di Sala, sono appropriati, mentre le luci di Luca Barbati sono approssimative. Non mancano due musicisti in scena che giocano con gli attori e scandiscono i vari atti.
Lo spettacolo è onesto ma parsimonioso e non si sciala in inventiva e originalità. Pennacchi regala qualche Zecchino d’oro al pubblico, ma solo quando esce dal testo goldoniano per tornare sul suo repertorio da cabarettista, mentre il resto non sono che spiccioli: pochi Paoli rimangono per Goldoni, la cui trasposizione scenica non convince e a tratti annoia.
Andrea Pennacchi funziona quando fa sé stesso, ma sembra costretto, imbracato, quando deve seguire Goldoni: l’attore è un leone, ma spesso si vede che è in gabbia. La gabbia è il testo goldoniano, mentre la libertà è la propria inventiva, le variazioni, la risata estemporanea che ci si concede in scena.
La compagnia è professionale e volonterosa, ma non può passare per oro puro e, al contrario della boccetta di Mirandolina, non va oltre il princisbech… (ovvero luccica ma non ha il peso del prezioso metallo nel gioco attoriale). Eccoli: Marco Artusi, Federica Girardello, Miguel Gobbo Diaz, Margherita Mannino, Valerio Mazzucato, Anna Tringali. Musiche eseguite dal vivo da Giorgio Gobbo, Riccardo Nicolin.
Baliani costruisce la regia all’italiana, ma sembra non sfruttare appieno gli attori e rimanere troppo legato al testo. Lo spettacolo è piacevole e vivace, il cabaret strappa molte risate, il resto tende a trascinarsi. Onesto mestiere.
Raffaello Malesci (Giovedì 30 Gennaio 2025)