Al teatro Sociale di Brescia approda in apertura di stagione e a margine di una lunga tournée, “I ragazzi irresistibili” di Neil Simon
Serata molto gradevole. Il testo è di estrema abilità drammaturgica, la messa in scena sobria, gli attori bravi. Si ride, ci si riconosce, si riflette. Comicità esilarante senza mediazione, ma nel contempo ricca di verità solo all’apparenza grottesche. Drammaturgia capolavoro costruita su battute comiche che difficilmente sbagliano il colpo.
Un testo così ben congeniato lascia spazio a poche digressioni o interpretazioni e, come per la commedia borghese ottocentesca, funziona come un perfetto meccanismo. La cosa straordinaria è che questo tipo di scrittura drammaturgica così perfetta, come spesso accade per le cose ben fatte, passa quasi inosservata e ad assumersi il maggior merito per la riuscita dello spettacolo è l’attore.
Naturalmente mi permetto questa riflessione davanti a due colossi del teatro italiano, che aggiungono talento alla perfezione ma soprattutto danno una veste di grande maestria e professionalità all’allestimento. Il regista Massimo Popolizio interviene garbatamente durante tutta la pièce, con incisività (anche se un po’ scontata) sul finale.
Il pubblico che non ha mancato un appuntamento con la risata e con l’applauso. Umberto Orsini, ci lascia sconcertati e attoniti: ci affabula con grande disinvoltura, nei suoi benedetti novant’anni, giocherella col fisico e con la voce passando da toni acuti a quelli gravi, nitidi e gutturali con una dimestichezza disarmante, senza nessun ausilio tecnologico o microfonico. Così accade pure a Franco Branciaroli, nei panni dello smargiasso e burbero Willy Clark, che si permette di allungare le pause a suo piacimento per chiuderle con un tempo comico perfetto, aggiungendo effetto alla scrittura di Simon.
Le scenografie e gli oggetti di scena di Maurizio Balò danno una sensazione realistica senza scadere nella ricostruzione didascalica. Una vista prospettica centrale improbabile ma che conferisce grande simmetria alla scena e infonde una certa aria di decadenza. Le scarpe bicolore che il protagonista non toglie mai spiegano più di tante parole un personaggio che non vuole dismettere il ruolo di attore. Il frac morbido e un po’ sgualcito con bastone e bombetta, indossati da Al Lewis durante la scena dell’esibizione televisiva, descrivono con pertinenza una maschera e un’epoca passata, senza troppi fronzoli dando significato al lavoro costumistico di Gianluca Sbicca.
Bravi gli attori di supporto, che tengono bene il passo con i mattatori: Flavio Francucci, Chiara Stoppa, Eros Pascale, Emanuela Saccardi.
I due ragazzi irresistibili e resistibili, come spiega Orsini: resistono e portano in scena un teatro antico che oggi è più moderno degli altri, residuo di un contatto fra pubblico e attore che si sta perdendo. Il Teatro ben fatto, non di sperimentazione ma di approfondimento.
Irene Tadini (Venerdì 18 Ottobre 2024)