Recensioni - Teatro

La drammaturgia sonora di Maria Stuarda

A Brescia la riuscita messa in scena di Davide Livermore con Elisabetta Pozzi e Laura Marinoni

Davide Livermore porta in scena una nuova edizione di Maria Stuarda di Friederich Schiller, prodotto dal Teatro nazionale di Genova insieme a Torino e Brescia, con protagoniste Elisabetta Pozzi e Laura Marinoni. Lo spettacolo ha debuttato a Genova e giunge ora al Sociale di Brescia per fare tappa immediatamente dopo a Torino.

Messa in scena complessa e pienamente riuscita quella di Livermore. Il regista sceglie un’ambientazione atemporale, riversando il destino delle due regine sulle attrici protagoniste che possono di sera in sera rivestire uno o l’altro ruolo a seconda di dove si adagi una piuma lasciata cadere dall’alto da un non meglio precisato angelo del destino.

Questo curioso espediente ricalca l’ineluttabilità del destino dei regnanti, più volte ribadito dalle regine nel corso del dramma schilleriano. Livermore poi sceglie di tenere il testo nella sua quasi interezza, tagliando solo alcune scene dell’ultimo atto, per uno spettacolo di oltre tre ore complessive. Il tutto è sotteso ad una attenta drammaturgia musicale, con musiche suonate e cantate dal vivo da un’interprete, oltre che da numerosi suoni e rumori presenti nei momenti salienti del dramma. Con questo espediente Livermore ottiene l’effetto di sottolineare i momenti più drammatici e di imprimere un ritmo preciso allo spettacolo, che difatti scorre abbastanza serrato, con veloci cambi scenici supportati da pochi ma accurati accorgimenti scenotecnici.

Splendidi i costumi delle sovrane affidati alla fantasia di Dolce & Gabbana, meno appropriati gli altri più generici affidati ad Anna Missaglia.

Dramma tutto al femminile la Maria Stuarda, con le due regine a combattersi ferocemente nel mentre sopravvivono a fatica in un mondo maschile che le costringe ad essere più uomini degli uomini. La condizione di Regina e di donna è più volte sottolineato dal testo schilleriano, tanto che risulta curiosa la scelta di affidare alcune parti importanti come Talbot, Paulet e Mortimer ad attrici travestite da uomini anziché sottolineare la solitudine delle sovrane circondate da una corte esclusivamente maschile.

Al netto di questa scelta singolare, il cast è di altissimo livello a partire dalle splendide Elisabetta Pozzi e Laura Marinoni che brillano per precisione e coinvolgimento, mentre il tappeto sonoro imposto da Livermore impedisce l’indulgere su accenti troppo caricati o su stilemi vecchia maniera. La sera a cui abbiamo assistito Elisabetta Pozzi era Maria, Laura Marinoni Elisabetta. Febbrile, commossa, intrisa di umana debolezza la prima; algida, austera e sottilmente perfida la seconda, entrambe regalano un’interpretazione maiuscola e coinvolta.

Ottimi anche tutti gli altri interpreti, a cominciare dalla precisa Gaia Aprea nella doppia parte di Talbot e della nutrice. Credibile e appassionata nella parte di Mortimer Linda Gennari. Composta e puntuale Olivia Manescalchi come Paulet. Gli unici due uomini non sono da meno. Giancarlo Judica Cordiglia è un Lord Burleigh dalla perfida astuzia politica, mentre Sax Nicosia un Conte Leicester ambiguo e sornione. Completa il cast al basso e voce Giua.

Il pubblico, numeroso e attento, regala molti applausi nel finale.

Raffaello Malesci (14 Gennaio 2023)