Recensioni - Teatro

Le streghe: vittime del potere

La superstizione come motivo di sopraffazione nella Lombardia del ‘500

È una storia di complicità femminile ma anche di ingiustizia e sopraffazione quella raccontata in Curamistrega. Nella Repubblica di Venezia del XVI secolo infatti bastava poco per cadere vittime di una caccia alle streghe, soprattutto durante le lotte di potere tra Chiesa e Serenissima.

 

Il tentativo di predominio politico della prima, mascherato da difesa dell’ortodossia, si manifestava spesso in violente repressioni ai danni dei più umili. Ed è proprio prima della grande persecuzione del 1520 che Angela, ricca bresciana destinata a sposare un nobile veneziano, viene guarita dall’anoressia da Biscia, una popolana della Valcamonica reinventatasi guaritrice, che, anni dopo, a causa della sua condizione e della sua provenienza, finirà sul rogo.
Nel semplice ma evocativo spazio scenico progettato da Domenico Franchi, autore anche dei bei costumi, le brave Monica Ceccardi e Silvia Quarantini danno prova di grande eclettismo, non limitandosi ad interpretare le due protagoniste, ma calandosi anche negli altri ruoli che le accompagnano in questa vicenda. La prima, oltre ad essere una scaltra e intensa Biscia, dà corpo tra gli altri al marito di Angela, alla moglie del Doge, ad un piccolo teppistello del rione, mentre la seconda, che impersona la tormentata ed intellettuale Angela si cala anche nei panni del padre di lei, della governante e del carceriere di Biscia.
Un testo politico quello scritto da Marco Ghelardi che, imposta uno spettacolo sostanzialmente classico, lineare all’interno del quale viene delegato alcune canzoni, musicate da Mimosa Campironi ed interpretate dal vivo dalle attrici stesse, il compito di aprire alcuni squarci di speranza in una storia che non si conclude con il classico lieto fine perché, purtroppo, il potere riesce sempre ad avere l’ultima parola sui più deboli.

 

Davide Cornacchione 22/09/2017