Recensioni - Teatro

Michela Murgia racconta Don Giovanni

Piacevole soliloquio intorno a Don Giovanni al Chiostro di Santa Chiara a Brescia

Michela Murgia approda a Brescia, a conclusione della piccola stagione estiva al Chiostro di Santa Chiara, con un “a solo” in cui racconta con garbo e piacevolezza la sua versione del Don Giovanni di Mozart su libretto di Lorenzo da Ponte.

Lettura incentrata intorno ai personaggi femminili dell’opera quella della Murgia, che si presenta sola su un palco completamente spoglio, rude e materico a cui in verità poteva essere riservata maggior cura. Accompagnata solo da sporadici interventi alla fisarmonica di Giancarlo Palena, che si dimostra eccellente musicista interpretando, prima dell’inizio vero e proprio, l’overture del Don Giovanni in riduzione per fisarmonica sola.

Poi si passa al racconto. Michela Murgia parla direttamente al pubblico, soprattutto delle donne di Don Giovanni: Donna Anna, Donna Elvira e Zerlina. Discetta abilmente e con fare accattivante, imponendo una lettura prettamente femminile dell’opera, con alcune evidenti forzature, ma anche con concetti calibrati e pertinenti. A tratti si prende troppo sul serio, argomentando argutamente a partire dal titolo, ma dimenticandosi che Don Giovanni è un “dramma giocoso” e forse andrebbe preso con maggior semplicità.

Vero è che Don Giovanni è un archetipo magmatico e molteplice, da cui si possono ricavare spunti infiniti. La Murgia insiste sulla burla e sul travestimento, tralasciando ad arte il contesto più ampio del contrasto al potere insito nell’opera, in cui in realtà Don Giovanni combatte contro il potere opprimente della controriforma ed è più un eretico sociale che un seduttore, almeno nell’originale versione di Tirso da Molina. Quando arriviamo a Mozart e Da Ponte il Siglo de Oro si è concluso così come le guerre di religione, vi è un nuovo ordine europeo dopo la guerra dei trent’anni e nel panorama europeo sono apparsi tanto Giacomo Casanova quanto Donatien-Alphonse-François de Sade, il celebre marchese. La lettura è perciò più giocosa che drammatica, in perfetto stile da corte viennese, e molti personaggi che Michela Murgia prende molto sul serio sono in realtà più frutto della commedia all’italiana che di istanze che con Mozart e da Ponte avevano francamente poco a che spartire. Leggere Leporello e Donna Elvira al di fuori di questo contesto può essere utile all’assunto ma comunque inevitabilmente una forzatura. Così come il tralasciare completamente la seconda parte dell’opera, ovvero il convitato di pietra, sottotitolo originale di Tirso da Molina.

Insomma la lettura è personale, contemporanea e orientata agli argomenti cari alla scrittrice, nulla di male in questo, se non che nel complesso una certa maggiore teatralità o attenzione al mezzo teatrale avrebbe giovato all’esito complessivo, che non va oltre il piacevole intrattenimento.

Una simpatica serata estiva di teatro, senza troppe pretese, che il pubblico ha mostrato di gradire.

R. Malesci (28/07/21)