Recensioni - Teatro

Miserabili senza epica

Una messa in scena intimista per il capolavoro di Victor Hugo

Come terzo appuntamento con la stagione al Teatro Nuovo di Verona, viene proposto uno spettacolo che ha debuttato la scorsa stagione, prodotto dal Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia e dal Centro Teatrale Bresciano. Si tratta nientemeno che della trasposizione teatrale de “I Miserabili” dal grande romanzo storico ottocentesco di Victor Hugo.

 

Firma l'adattamento teatrale Luca Doninelli che sceglie un taglio sequenziale, sfoltendo l'enorme materia del romanzo in una serie concatenata di brevi scene e puntando decisamente sulla parte intimista del grande romanzo francese. Nella sua riduzione troviamo tutto l'essenziale, spesso però ridotto ai minimi termini, ove avrebbe forse giovato allo spettacolo una scelta più conseguente con le scelte registiche e di messa in scena. Infatti lo spettacolo, curato per la regia da Franco Però, risulta particolarmente cupo, declinato principalmente su brevi dialoghi che fanno assomigliare il grande romanzo, dedicato da Hugo alla massa dei poveri francesi, ad un dramma ibseniano dalle tinte scure. Ne risulta uno spettacolo a tratti lungo, efficace in molti momenti, ma totalmente privo dell'afflato epico che pervade tanta parte della scrittura di Hugo e che ne ha fatto, insieme allo Zola del ciclo dei Rougon-Macquart, il principale interprete del malessere e della povertà della società francese dell'ottocento.

 

Risentono di questo taglio intimistico in particolare le poche scene di massa superstiti, in cui si avverte decisamente la necessità di diverse scelte drammaturgiche, più coerenti al taglio scelto, nonché gli accenti ironici e grotteschi che Hugo programmaticamente dissemina nella sua opera. Per il resto la regia è condotta con professionalità, mettendo in sequenza col giusto ritmo le varie scene grazie anche al valido supporto della pratica e spoglia scenografia di Domenico Franchi. Stonano di nuovo alcuni rimandi spiccatamente naturalisti come i letti e alcuni oggetti di arredo in un contesto lasciato completamente all'immaginario ove la scena non è mai descritta ma giustamente solo accennata.

Mattatore della produzione e primo attore è Franco Branciaroli che, come consulente artistico del Centro Teatrale Bresciano, è sicuramente il deus ex machina di tutta l'operazione. Affiancato da un nutrito cast di giovani attori, Branciaroli si piega ad una recitazione più secca e controllata abbandonando le evoluzioni vocali che solitamente lo caratterizzano. Ne risulta una prova valida e soprattutto omogenea con il resto del cast. Gli sono accanto dodici attori dall'ottima professionalità, che interpretando più ruoli dipanano la lunga e complessa storia in poco più di due ore e mezza. Spicca fra gli altri lo Javert di Francesco Migliaccio, reso con opportuni accenti di perfidia.
Buon successo a fine serata.

Raffaello Malesci (08/12/18)