Recensioni - Teatro

Persiani tra dolore e poesia

La tragedia di Eschilo debutta all’Arena Shakespeare

Andrea Chiodi firma per il Teatro Due un allestimento estremamente coinvolgente che riesce a creare una forte empatia con il pubblico.
In uno spazio vuoto, progettato da Andrea Patrucco e dominato da un ulivo rinsecchito, il coro dei giovani persiani si muove disorientato, in attesa di notizie della battaglia, mescolando la propria angoscia con quella di Atossa, una vibrante Elisabetta Pozzi. Nella sua disperazione di regina e madre, preoccupata per il suo popolo ma anche per la sorte del figlio Serse, l’attrice domina la scena, anticipando lo strazio che esploderà con il racconto del messaggero, interpretato da un intenso Ivan Zerbinati.

Non sono però solo i colori del dolore e della morte ad illuminare questo allestimento, c’è spazio anche per l’amore e lo struggimento nella poetica apparizione dello spirito di Dario, in cui la delicata gestualità del vecchio re e della sua sposa e le suggestive musiche di Daniele D’Angelo creano un momento di magica sospensione che si vorrebbe non finisse mai.

A Dario, un incisivo Alberto Mancioppi, è affidato il compito di ammonire la platea dai rischi di quella ybris di cui si è reso colpevole il figlio Serse, che ha condotto l’esercito alla disfatta. E sarò proprio lo sconvolto Serse, interpretato da Raffaele Esposito, a chiudere questo cerchio di dolore in uno struggente finale in cui, accasciato al suolo e lasciato solo in scena dal coro, viene comunque confortato dall’ abbraccio della madre.

Il fondamentale ruolo del coro è affidato ad un gruppo di giovani talentuosi: Michele Lisi, Dino Lopardo, Davide Mancini, Nicola Nicchi, Gian Marco Pellecchia, Carlo Sella, su cui spicca l’eccellente corifeo di Davide Gagliardini.
Un’ora e un quarto di grande teatro ricambiato da un caloroso successo di pubblico.

Davide Cornacchione 5 luglio 2017

 

 

Nei Persiani, unica tragedia di carattere storico giunta sino a noi, Eschilo affronta il tema della battaglia di Salamina, cui lui stesso aveva partecipato 8 anni prima, vista però dalla parte dei vinti.
Con questo testo vuole ricordare agli ateniesi qual è il valore dell’esercito greco quando vengono meno le divisioni tra le singole pòlis e tutte si uniscono per un obbiettivo comune, nello specifico resistere alle armate persiane, ed allo stesso tempo ammonirli contro l’ybris, la tracotanza, che può spingere i popoli a voler superare i propri limiti con conseguenze disastrose per tutti.