Recensioni - Teatro

Recanati: Vincente e affascinante Dodicesima Notte

Produzione LAC Lugano Arte e Cultura, in coproduzione con Fondazione Luzzati Teatro della Tosse, Centro D’arte Contemporanea Teatro Carcano e Associazione Culturale Arca Azzurra

Un altro tassello si aggiunge alla stagione di prosa del teatro Persiani di Recanati, con lo spettacolo "La dodicesima notte”, una commedia in cinque atti, scritta in prosimetro da William Shakespeare tra il 1599 e il 1601 e pubblicata postuma nel First Folio del 1623.

La storia si svolge nell’Illiria, dove il duca Orsino è innamorato della ricca contessa Olivia, la quale in lutto per il fratello defunto, rifiuta di vederlo. L’arrivo di Viola, una ragazza naufragata che si traveste da uomo con il nome di Cesario per servire il duca, sconvolge gli equilibri dando vita a un intricato triangolo amoroso. Nel frattempo, la corte di Olivia si diverte a beffare il maggiordomo Malvolio, creando un susseguirsi di fraintendimenti e imprevisti che culmineranno in un finale a lieto fine.

L'adattamento e la regia dello spettacolo portano la firma del giovane fiorentino Giovanni Ortoleva, menzione speciale nel concorso “Registi under 30” della Biennale di Venezia 2018, che si avvale dell'ottima traduzione curata da Federico Bellini.

«Di cosa parla La dodicesima notte? - si domanda il regista Ortoleva - Cos’è questo strano oggetto, ricco di mondi, motivi e trame come un’opale? Mi è sempre sembrato assurdo definirla una commedia romantica; è difficile non notare come l’amore, nel testo, sia spesso associato alla malattia e come le frequenti dichiarazioni d’amore siano contorte, auto-riferite, deliranti. Eppure, non si parla d’altro che d’amore in questa strana Illiria in cui Shakespeare ha voluto ambientare la sua commedia; vertono sull’amore tutti i discorsi dei nobili, sono d’amore le canzoni che vengono chieste al fool dagli ubriachi… Si potrebbe allora dire che La dodicesima notte non è una commedia d’amore ma una commedia sull’amore».

Le scene di Paolo Di Benedetto sono formate da tre gradoni, con un pianoforte sul lato sinistro, in cima appare un bassorilievo formato da vari putti. Le belle luci di Fabio Bozzetta avvolgono il palco e sottolineano il verde acceso della struttura, insieme ai validi costumi di Margherita Baldoni e l’interessante progetto sonoro di Franco Visioli.

Gli attori rimangono sempre in scena, si muovono, riposano come marionette, guardano annoiati, sbraitano, fanno giochi erotici, si esprimono tra il surreale e il sognante in un ambiente cupo e claustrofobico. La compagnia quanto mai affiatata è formata da giovani talentuosi che hanno dimostrato di gestire benissimo il palcoscenico.

Francesca Osso è il buffone Feste che come un bravo direttore d'orchestra dirige i tempi teatrali con il suono del pianoforte e cantando alcune canzoni. Un'interpretazione perfetta giocata anche con un uso sapiente della voce che cambia e adatta nel corso della narrazione.

Splendido Alessandro Bandini nella doppia parte di Viola e Sebastiano (e anche di Cesario) con una recitazione delicatissima, fatta di parole dolci e di sguardi. Anna Manella anche lei favolosa. Una contessa Olivia seducente e beffarda, con una travolgente presenza scenica.

Michelangelo Dalisi è un perfetto Malvolio, deriso, umiliato, allucinato e dalla voce flebile. Maria, la cameriera di Olivia è Interpretata con varie sfaccettature dalla bravissima Aurora Spreafico.

Ottimi anche Giovanni Drago con un energico duca Orsino e la coppia brillante di amici formata da Sebastian Luque Herrera (Sir Toby Belch) e Alberto Marcello (Sir Andrew Aguecheek, pretendente di Olivia). Corretto Giuseppe Aceto nella breve parte del capitano di vascello e amico di Sebastiano.

Un pubblico attento ha ricambiato con numerosi applausi a tutto il cast.

Uno spettacolo consigliato che rilegge in maniera originale l’ultima opera giocosa di William Shakespeare, con un testo sorprendente, amaro, ma lieve, surreale, ma terreno, profondamente malinconico e irresistibilmente divertente, che ci fa ammirare la grandezza e la modernità del suo genio teatrale.

Marco Sonaglia