Recensioni - Teatro

Servo di scena: se il teatro è nella tempesta

Ha calcato il palcoscenico del Teatro Verdi di Padova e approderà a Treviso, al Teatro Del Monaco, dal 22 al 24 aprile, Servo di scena, commedia con un fondo drammatico scritta alla fine degli anni Settanta da Ronald Harwood, qui rappresentata nella traduzione di Masolino D’Amico.

Quella che è considerata una delle opere più importanti del Novecento ha avuto questa volta come interpreti Geppy Gleijeses, nel ruolo di Sir Ronald; Maurizio Micheli-Norman, il servo di scena, e Lucia Poli nei panni eleganti di Milady, con il contributo di Antonio Sarasso, Elisabetta Mirra, Agostino Pannone — nel ruolo degli attori della compagnia inglese — e di Roberta Lucca, interprete della direttrice di scena. Lo spettacolo, che narra in due atti il giorno finale di un uomo di teatro, è diretto da Guglielmo Ferro, figlio del grande Turi (che diresse in passato anche il padre nel ruolo stesso di Sir Roland) per una produzione firmata Gitiesse Artisti Riuniti e Teatro Stabile di Catania.

Prima dell’entrata in scena, lo spettacolo è anticipato dal suono di una sirena d’allarme che riecheggia in sala seguita da un messaggio di solidarietà, in adesione all’iniziativa dei teatri italiani per la pace, e fuori dallo stabile campeggia un cartellone azzurro con la scritta gialla “Mariupol”. «Lo spettacolo deve continuare!» è anche la battuta che fa da cardine al copione del Servo di scena, e l’effetto è straniante. Ambientata nell’Inghilterra degli anni Quaranta, in pieno conflitto mondiale, la commedia racconta le vicende di un gruppo di vecchi attori che porta in giro nei teatri il repertorio di Shakespeare, recitando persino sotto gli allarmi aerei, un po’ per tenere alto il morale degli Inglesi, un po’ perché non saprebbe fare altro: il teatro è la ragione di vita del primo attore e capocomico, Sir Ronald, del suo servo di scena (The Dresser è il titolo originale dell’opera, la traduzione sposta l’accento un bel po’ indietro nel tempo) e delle persone che orbitano loro intorno. Sono già scese le ombre del viale del tramonto, raffigurato sul palcoscenico su uno sfondo grigio e in parte spettrale. Lo stesso pannello servirà più tardi, con un gioco di ombre cinesi andrà a raffigurare il palcoscenico visto da dietro, dalle quinte corredate di funi e attrezzi e macchinari utili alla rappresentazione.

La scenografia, a cura dei Fratelli Giustiniani, ha inquadrato il teatro nascosto, dalla prospettiva dei camerini e dei corridoi, un’ambientazione che offre momenti di teatro nel teatro, in un gioco di specchi che ricorda un po’ il film Vanya sulla 42esima strada. Sir Ronald sente l’approssimarsi del “finale”, dell’uscita di scena, e da una parte ne è terrorizzato, dall’altra la premonizione e gli acciacchi seri lo spingono a diventare Re Lear anche nella realtà, a essere dispotico e regale anche sul regno di folletti che lo circonda. Gleijeses indossa i panni del re shakespeariano qui nel pieno della tempesta e si imprime sul volto un trucco eccessivo, una maschera di morte; ha dei sussulti da vecchio leone seduttore con l’attrice giovane, donnina che vuole solo approfittare del suo ruolo; ignora le richieste di resa della compagna mai moglie Milady, splendidamente interpretata anche nel risentimento occultato da veli sempre più sottili da un’elegantissima Lucia Poli — fu anche lei un’attrice giovane, ora Sir la considera “pesante” — ma soprattutto dialoga tenacemente, cavalcando di volta in volta imperio e supplica, con Norman, che è l’unico che sembra in grado di tenere in piedi il gioco del suo “padrone”. Micheli dà al servo di scena-tuttofare le sfumature che occorrono, la docilità, l’intraprendenza, l’arte della cura, l’astuzia, fintanto che non scopre di essere stato meno di una comparsa nella vita del primo attore, di non essere nemmeno stato nominato nell’autobiografia del Sir, e allora dà sfogo alla rabbia senza freni del servo tradito.

I rimandi alle opere di Shakespeare e ai suoi personaggi sono continui, i binari del grande teatro che scorrono paralleli a quelli della vita. Bello il capovolgimento di scena ideato per quando Sir Ronald-re Lear invece di apparire nel consueto gioco di ombre si affaccia al reale sipario rosso e per un po’ smette i suoi panni per ridiventare capocomico e annunciare sbuffando il calendario di spettacoli nel programma della compagnia. Poco dopo si arrenderà ai colpi bassi del tempo.

Mentre intorno piovono bombe, e la morte appare in scena, tutto sembra un capriccio, ma un capriccio così umano.