Recensioni - Teatro

Teatro Stabile del Veneto in remoto: Le regole della zona verde

Ha debuttato online dal 4 febbraio Le regole dell’adolescenza, in streaming sulla piattaforma Backstage del Teatro Stabile del Veneto.

Lo spettacolo nasce da un progetto della Compagnia Giovani avviato nel 2019, prima della chiusura del febbraio scorso, portato avanti in teatro e su piattaforme virtuali e ora realizzato in modo compiuto e originale in una produzione per il web. Lo spettacolo digitale, è basato su quello che avrebbe dovuto esordire dal vivo come progetto speciale rivolto alle scuole.

Nato dal testo omonimo di Michele Ruol, Le regole dell’adolescenza propone un lavoro corale fondato su una drammaturgia condivisa scritta a più mani da dieci giovani attori diretti da Lorenzo Maragoni. Gli attori della Compagnia Giovani (Maria Anolfo, Giulia Briata, Riccardo Bucci, Elena Ferri, Riccardo Gamba, Gaia Magni, Marco Sartorello, Massimo Scola, Martina Testa, Paolo Tosin) hanno dato vita al testo indagando il loro rapporto con le regole non scritte, ma dall’assetto universale, che governano l’adolescenza e in particolar modo il mondo delle relazioni e della scuola. L’adattamento per il video curato da Raffaella Rivi non si limita a una mera restituzione del punto di vista dello spettatore, con l’arricchimento di qualche particolare ripresa ravvicinata, ma permette di entrare nella “classe”, o tra il gruppo che un po’ interagisce un po’ si confessa come allo specchio e che si interroga sulle norme scritte con l’inchiostro simpatico che governano inesorabilmente gli anni più verdi. Mattone su mattone, si mettono insieme giovani vite che si stanno costruendo e hanno a che fare con tempo libero e passioni, corpi ideali e reali, traumi e desideri, adulti alieni e alienati, idoli ben lucidati e libri pieni di polvere, migliori amici, migliori nemiche e viceversa, notti folli prima degli esami e vacanze folli dopo gli esami — tanto cos’è cambiato, oppure sì?

L’andamento è frenetico, sottolineato anche dalla colonna sonora e dalle canzoni che accompagnano molte scene — la gioventù vola via e non torna indietro, se non come maschera patetica e posticcia — ma nella corsa a dire e a fare, del tutto in coro, spesso si inframezzano delle tappe di riflessione solitaria, intima, che parlano anche di ferocia, di tradimento, della disillusione che si profila all’orizzonte. Le tempeste di questa primavera dai tratti crudeli non sono solo ormonali, e nel riviverle risale a galla sopra a tutto l’intensità di sentimenti e emozioni ancora da incasellare, che costituiranno un imprinting spesso permanente per ogni pensiero e azione compiuta successivamente, “da grandi”. La rappresentazione è nata dai meccanismi della scrittura di scena, e sono esperienze e ricordi degli stessi attori, seppure trasfigurati, a fornire un’ulteriore patente d’autenticità a monologhi, dialoghi ed eventi che peraltro senza sforzo riconosciamo. I frammenti di questi diari raccontati a voce sono molto parlati ma anche mimati, fisici, ci sfilano davanti in un abbraccio interpretati e rivissuti in modo credibile dagli attori.

In questo periodo in cui tanto si discute della mancanza dell’esperienza scolastica in presenza e degli effetti che potrebbe produrre alla lunga sulla formazione dei giovani d’oggi, è interessante entrare e guardare nel dettaglio i meccanismi spesso a orologeria e comunque affilati e taglienti che governano quegli anni; ombre e luci tornano a fuoco a ribadire che la scuola con la sua funzione primaria tesa all’apprendimento era ed è l’ultimo dei fattori che hanno contribuito alla nostra crescita sociale e umana, ma che come luogo di pluriennale aggregazione e di indimenticabili assembra-menti ha sempre intatta una potenza da 10 e lode.