Un testo teso e drammatico a cura di Alessandro Paschitto ispirato a L'Anitra Sevaltica di Ibsen
Il fantasma è nella sua ambivalenza, un Giano bifronte; vive e si nutre fra le mura delle nostre case.
Il cibo preferito di questi fantasmi sono i rapporti familiari: torbidi e quindi necessariamente falsi.
Momenti oscuri dell’esistenza che tentano di risorgere; una famiglia, Hjalmar e Gina, marito e moglie, e la loro figlia Hedvig, che hanno tentato di costruire una serenità familiare e provato ad abitarla, ma ahimè è troppo fragile.
Un disprezzo per un vecchio padre infedele e spregevole datore di lavoro. Un figlio, Gregers, che insegue un ideale perfetto, con effetti meschini. Il tentativo di risarcire le vittime del padre - la scena disseminata di pacchi regalo - ma il cinismo è un padrone autoritario.
Hjalmar, in un abisso di emarginazione sociale; Hedvig ignara di tutto fino a una cecità metaforica, non vedo ma non sono neanche vista. E qui il buon Edipo ci mette lo zampino.
Gina, la madre che sa. Qual è la verità celata? E quanto è prepotente!
Definirlo il dramma di una società borghese sarebbe banale. Piuttosto una spietata risolutezza a manipolare le vite umane: Hjalmar e Gina, marito e moglie, e la loro figlia Hedvig.
E nelle orecchie riecheggia Ibsen: "La tua vita mi sembra un campo cosparso di membra umane", dice Gregers al Vecchio.
A cura di Edwige Mormile
Sara Mafodda (Hedvig),
Irene Petris (Gina)
Edoardo Ribatto (Hjalmar)
Giuseppe Sartori (Gregers)
Scene e luci Nicolas Bovey
Suono Angelo Elle
Produzione TPE e Teatro Metastasio di Prato