Recensioni - Teatro

Torino: il superbo Agamennone di Davide Livermore

Ieri sera la prima dell’Agamennone di Eschilo con cui si apre la trilogia dell’Orestea, splendida interpretazione e ricostruzione di altissima filologia: la contemporaneità ha incontrato Eschilo riconsegnandocelo nella sua superba grandezza.

L’Orestea è innanzitutto la storia del ghenos al limite della sua dissoluzione dove il punto di forza obbligato, il sacrificio di Ifigenia, per mano del padre, tende man mano a porsi fuori campo, ed è inserito, insieme alla vicenda di Agamennone, in una realtà dotata di una dimensione temporale più profonda: la vicenda di Atreo e Tieste: nel ghenos ciò che hanno fatto i padri continua a pesare sui figli.

Tutto è annunciato già dalla prima battuta o come direbbe Eschilo “fin dal primo stasimo” del Coro: ansie e paura, all’apparenza immotivata. Agamennone rientra vincitore dopo dieci anni di guerra, pur tuttavia l’anima del coro canta il lamento funebre delle Erinni, consapevole che il timore che scuote il suo animo non è vano: una realtà orrenda e orribile si profila all’orizzonte...il carattere profetico è rafforzato dalla presenza sulla scena di Cassandra, morirà scannata insieme ad Agamennone, la profetessa non creduta di Apollo.

La scena si apre sulla reggia degli Atridi, nel bel mezzo la porta d’onore, raffigurata da un enorme sfera, di immenso impatto scenico. Racconta del sole, racconta della deflagrazione della democrazia, racconta della tirannide, ma, racconta anche del mare, del vento, del sangue versato, delle lacrime che scorrono, dei fuochi perennemente accesi per la presa di Ilio, “così vuole di una donna il cuore maschio” (Clitennestra) ...Racconta anche delle Erinni che albergano dentro di noi dalle quali nessuno può scappare...un grande occhio e un lungo braccio che tutto muove.

Le interpretazioni sono superbe: Clitennestra (Laura Marinoni) già Maria Stuarda, ci ha di nuovo rapito: potente, lei non è la moglie di Agamennone, è, invece, l’antico demone maligno della stirpe di Atreo, Alastor, che ha preso le sue sembianze per uccidere...ma, perché ciò si verifichi, Agamennone deve calpestare il tappeto di porpora, predisposto dallo spettro della stessa Ifigenia, altrimenti non si compirebbe l’hybris, la mancanza di moderazione verso gli Dei...

Ifigenia, memoria del ghenos, si aggira sotto spoglie segnando i confini del tempo per tutta la durata dello spettacolo, il suo dolore è quello delle genie, la colonna sonora, Bach, in Das Musikaliche Opfer (pianoforte Mario Conte) strugge le anime eterne che vanno avanti e indietro permettendo il riallacciarsi dei fili del destino e della giustizia.

Livermore ha compiuto un capolavoro! Il rispetto del testo contestualizzato in una contemporaneità che nulla toglie...anzi: gli Dei mormorano, manovrano, sono fra di noi, armano le mani, fanno soffrire...come sempre!

Pubblico in ovazione

Imperdibile!

A cura di Edwige Mormile

 

Musici

Diego Mingolla

Stefania Visalli

Sentinella Maria Grazia Solano

Corifea Gaia Aprea

Coro Maria Laila Fernandez, Alice Giroldini, Marcello Gravina, Turi Muricca, Valentina Virando

Clitennestra Laura Marinoni

Messaggero Olivia Manescalchi

Agamennone Sax Nicosia

Cassandra Linda Gennari

Egisto Stefano Santospago

Spettro di ifigenia Aurora Trovatello

Vecchi Argivi Davide Pennavaria, Marco Trovagli, Alessandro Tetraquattrini

Oreste bambino Riccardo Bertoni

Elettra bambina Anita Torrazza

Scene Davide Livermore e Lorenzo Russo Rainaldi

Costumi Gianluca Falaschi

Musiche originali Mario Conte

Video D-Wok

Luci Marco De Nardi

Produzione teatro Nazionale di Genova-Inda Istituto Nazionale del dramma antico