Il Centro Teatrale Bresciano propone in streaming la versione di Orson Welles della Guerra dei mondi in una riuscita mise en espace diretta da Elisabetta Pozzi
Negli anni ’20 del secolo scorso il teatro scopriva nella radio un nuovo mezzo di espressione e nasceva il radiodramma: testi teatrali concepiti non per la messinscena ma per essere letti e trasmessi via etere. Un genere letterario che può vantare autori del calibro di Samuel Beckett, Agatha Christie, Friederich Dürrenmatt e che, nonostante le alterne fortune, non si è ancora completamente estinto.
Non era un vero e proprio radiodramma ma piuttosto uno sceneggiato radiofonico il riadattamento del romanzo La guerra dei mondi di H.G. Wells che un gruppo di attori del Mercury Theatre, capeggiati da un geniale ventitreenne che rispondeva al nome di Orson Welles, recitò ai microfoni della CBS la sera del 30 ottobre 1938, seminando il panico in buona parte degli ascoltatori. L’interpretazione risultò infatti così realistica che in molti credettero realmente che i marziani stessero per invadere la terra. E non è difficile immaginare il sorriso beffardo dello stesso Welles al pensiero che il suo “piacevole scherzetto spuntato fuori da un cespuglio per spaventare gli ascoltatori con un Buh!” era probabilmente la prima “fake news” trasmessa dai media nel ‘900.
Dalla radio allo streaming il percorso è breve, soprattutto in un periodo in cui i teatri sono forzatamente chiusi. Per questo il Centro Teatrale Bresciano ha scelto di riprendere la riduzione curata da Welles della Guerra dei mondi e di riallestirla e trasmetterla in streaming per la rassegna Teatro aperto. Un ideale passaggio di testimone legato da un singolare gioco di parole che coinvolge i rispettivi protagonisti. Se infatti Wells e Welles differiscono solo per una vocale, è curioso notare che “wells” in inglese significa “pozzi” ed è proprio Elisabetta Pozzi l’anima di questa nuova edizione in veste di interprete, traduttrice e regista, nonché direttore artistico di Teatro aperto.
Compito del teatro è raccontare la realtà stimolando la riflessione e colpisce, a poche settimane di distanza dall’arrivo su Marte della sonda Perseverance, ascoltare un racconto del 1897 che parla di marziani sbarcati sul nostro pianeta con intenti tutt’altro che pacifici e che in alcuni passaggi sembra descrivere la nostra situazione attuale. Dopo che gli extraterrestri hanno raso al suolo ogni cosa, sconvolgendo completamente i ritmi e la vita degli esseri umani, distruggendo ogni idea di società, due sopravvissuti, il professor Pierson ed un soldato, si incontrano e nel loro dialogo risuonano parole a noi familiari: “non ci saranno più concerti per un milione di anni, niente più cenette. Se è il divertimento quello che cerchi, sappi che è tutto finito”. Ma, nonostante la situazione appaia senza via d’uscita, il soldato vede un futuro, perché all’uomo è rimasto il bene più prezioso: la vita. La vita semplice, la vita libera è lo stimolo per la ripartenza dopo che tutto è stato annientato. Una vita nuova che si contrappone alla vita frenetica che la società prima aveva imposto: una vita vissuta nella paura delle disgrazie. La crisi diventa quindi momento di riflessione e stimolo per un rinnovamento. Ed alla fine, per restare in tema di attualità, arriva l’ultimo beffardo colpo di scena: i marziani, dopo aver messo sottosopra il mondo, muoiono, banalmente sterminati da un misterioso virus.
Tutto questo è raccontato in una riuscitissima lettura scenica che, oltre a Elisabetta Pozzi, vede protagonisti gli affiatati Graziano Piazza, Federico Vanni, Francesca Ciocchetti ed Alberto Onofrietti che si moltiplicano sulla scena ricoprendo tutti i ruoli. I cinque attori, oltre a far rivivere lo stesso clima ironico e goliardico che aveva caratterizzato la prima edizione nel ’38, colgono l’aspetto più profondo e coinvolgente che caratterizza la seconda parte, mutando registro e creando un clima di grande empatia. I virtuali ma meritati applausi vanno condivisi anche con Daniele D’Angelo, eclettico musicista, qui autore di una perfetta drammaturgia sonora, rigorosamente live, che esalta e dona tridimensionalità alla narrazione.
Il teatro in streaming rimane un compromesso attualmente necessario che però non sostituisce quello dal vivo, ma questa Guerra dei mondi è uno spettacolo vitale, coinvolgente, ricco di stimoli. Da vedere (a questo link), riascoltare anche in podcast e magari condividere in una sera tra amici (quando potremo tornare ad aggregarci), perché non solo il virus, ma anche il piacere della cultura è contagioso.