Recensioni - Teatro

Un Amleto spiazzante, comico, furibondo, colorato, dove la tragedia si trasforma in commedia, tra potere e oblio, tra frivolezza e pazzia

Al teatro Franco Parenti a Milano L'AMLETO al quadrato di e con Filippo Timi

Torna rinnovato dopo 12 anni lo spettacolo cult di Filippo Timi
L'attore stravolge il classico shakespeariano, rovescia passioni e personaggi nella stessa gabbia da circo all'interno della quale si consuma un elogio della follia. Quello di Timi è un Amleto stufo, stanco, annoiato, che non ha più voglia di mettere in scena la monotona storia familiare, non ha più voglia di fingere di amare Ofelia, non ha più voglia di niente mentre le voci fuori campo lo richiamano invano al suo destino.

Uno degli aspetti affascinanti del Bardo è il segreto che si cela dietro i suoi giochi metateatrali, quell'intricato miscuglio fra realtà e scena, verità e finzione, grande fulcro dell'ossessione barocca in cui essere ed apparire si rimescolano nello stesso piano fino ad equipararsi, suggerendo una lettura dell'universo dove nulla sarebbe in realtà più consistente di un sogno. È questo che Timi porta in scena producendo qualcosa di più rocambolesco e forte in campo emotivo. Il risultato è un grandioso delirio decadente, riempito da figure grottesche, pur condotte dai fili di un'ironia dissacrante, non appaiono mai come marionette vuote ma al contrario grandi contenitori traboccanti disperazione. Questo perché, paradossalmente, proprio quella stessa ironia martellante e corrosiva che distrugge la trama e priva i personaggi del loro naturale contesto, ne rileva i sentimenti e scolpisce il dolore.

Così, se del testo originale non rimangono che alcuni stralci, attraverso la sua macchina folle Timi-Amleto, si muove pericoloso e inquietante come un leone rinchiuso, ridicolo ed esilarante come un clown, autoritario e spietato come un regista, vezzoso e narcisista come un attore da avanspettacolo. Nitide appaiono le ragioni dell'incomprensione tra Amleto e Ofelia: Lui altissimo nel suo straniamento totale della realtà, lei umilissima nella sua totale ingenuità.

Spietata eppure toccante la solitudine a cui è destinata come nitido è l'amore-odio di Amleto verso la regina madre, che lo spettatore vede attraverso i suoi occhi la caricatura patetica e grottesca di una prostituta che si concede a qualunque uomo, lontanissima dall'ideale candido, tenero e puro che si vorrebbe vedere in una madre.

Uno spettacolo dalle tematiche forti ma trattato con straordinaria leggerezza e comicità, capace di coinvolgere un pubblico attento e strappare continui applausi a scena aperta e la capacità di un teatro coraggioso, sondare le possibilità di un linguaggio teatrale e scoprire quelle ancora inespresse.

Un teatro sperimentale dove tutto può accadere sotto gli occhi stupiti del pubblico, un cast di indubbia professionalità, capace di offrire prove intense.

Marina Rocco nei panni di una svampita Marilyn, sono più Norma o più Monroe? Sono oca o lo sembro, esserlo o non esserlo? La scena finale con i vari tentativi di suicidio o di come uccidersi è da applausi. Ottima Elena Lietti nel ruolo di Ofelia, struggente la scena dove racconta il suo annegamento. Versatile ed autoironico Gabriele Brunelli. Una spanna su tutti la straordinaria Lucia Mascino nel ruolo della regina Gertrude, incisiva in ogni sua comparsa. Particolarmente fantasiosi ed efficaci scenografia e costumi. Strepitoso FILIPPO TIMI che giganteggia sul palcoscenico portando in scena più che Amleto, sé stesso: talento poliedrico molto apprezzato dal pubblico, soprattutto femminile.

Spettacolo super consigliato a tutti!