Moderna rilettura del classico di Molière diretta ed interpretata da Valter Malosti
È una pedana che ricorda in tutto e per tutto un ring di boxe lo spazio scenico nel quale Walter Malosti ambienta il suo Misantropo di Molière, prodotto da Teatro Piemonte Europa, Teatro Carcano e LuganoInScena, che nella sua tournée ha toccato anche il Teatro Sociale di Brescia, ospite della stagione del Centro Teatrale Bresciano.
Un ring sul quale i dialoghi diventano veri e propri duelli verbali, in un continuo scambio di colpi tre Alceste ed i suoi interlocutori. Sensazione rafforzata dalla totale mancanza di elementi scenici -fatta eccezione per alcune sedi ai lati, che peraltro quasi non vengono usate- che costringe gli attori ad un continuo movimento sulla scena (curato ottimamente da Alessio Maria Romano), quasi fossero avversari che si studiano prima di affondare il colpo decisivo.
Opera della maturità, Il Misantropo ha una forte componente autobiografica, infatti nel rapporto tra Alceste e Célimène si rispecchia quello tra lo stesso Molière e la moglie Armande di circa 15 anni più giovane e di cui lui mal sopportava la frivola civetteria. Ma una notevole importanza la riveste anche l’aspetto professionale. In quel periodo infatti Molière era entrato a far parte della corte di Luigi XIV come organizzatore di feste e divertimenti reali, ruolo che evidentemente gli stava stretto. Per questo creò un suo doppio letterario, che avrebbe preferito isolarsi, ritirandosi in un deserto, piuttosto che dover sottostare a formalismi e falsità.
È un misantropo moderno nelle scene ed i costumi, rispettivamente di Gregorio Zurla e Grazia Matera, e asciutto, duro e spigoloso nella traduzione, firmata a quattro mani con Fabrizio Sinisi, quello diretto ed interpretato da Malosti, che strizza l’occhio a Thomas Bernhard e vede in Alceste un doppio di Don Giovanni. Ed infatti anche l’altro grande sprezzatore dell’ipocrisia fa capolino in questa messinscena, grazie all’inserimento di due scene che ne rinsaldano il legame.
Tra gli altri interpreti spicca la bravissima Anna Della Rosa, che delinea una Célimène in sottile equilibrio tra frivolezza e verità, distante da ogni possibile stereotipo. Paolo Giangrasso è un bonario Filinto, Edoardo Ribatto tratteggia un Oronte con la giusta carica di cattiveria, mentre Matteo Baiardi e Marcello Spinetta sono due marchesi dai tratti mercuriali. Sul versante femminile Sara Bertelà è un’Arsinoé incisiva mentre l’Eliante di Roberta Lanave, seppur innamorata di Alceste mantiene sempre una profonda dignità.
Uno spettacolo dinamico, senza attimi di tregua, dal ritmo incalzante e spedito, cui però forse manca qualche momento di sospensione e di respiro.