Recensioni - Teatro

Un modesto Malloppo a Verona

Banale messa in scena di una commedia di Joe Orton del 1965

Prosegue la rassegna “Divertiamoci a teatro” al Teatro Nuovo di Verona con “Il Malloppo” di Joe Orton per la regia di Francesco Saponaro. Lo spettacolo è prodotto da La Pirandelliana.

Dopo una serie di proposte ben calibrate e interessanti si può incappare in un passo falso. Viene proposta infatti una commedia noir alquanto datata di Joe Orton risalente agli anni sessanta. Si tratta della classica commedia nera inglese da “West end”, ovvero una macchina da risate su un testo ovviamente improbabile che gioca con una rapina, con relazioni sentimentali farsesche, ma soprattutto con la morte e le vicissitudini di un cadavere e del suo funerale. Stilema caro agli inglesi da sempre e che ha raggiunto l’apice di notorietà negli anni novanta del novecento con il celebre film “Quattro matrimoni e un funerale”.

Commedia leggera dunque, ma che necessità di una buona e credibile ambientazione, grande ritmo, tempi comici giusti e un cast di attori bravi e affiatati. Nulla di tutto ciò si è visto a Verona.

A partire dalla sciatta scenografia di Luigi Ferrigno, assolutamente inadeguata; si potrebbe dire da filodrammatica se non si rischiasse di offendere le filodrammatiche che spesso, soprattutto a Verona patria del teatro popolare, fanno un lavoro migliore. Poche quinte inquadrate da una serie di neon e ricoperte da una tripolina grigia comprata in qualche discount dell’arredamento. Un armadio al centro, un catafalco. Luci anonime, costumi sciatti da casuale trovarobato. Risultato: la commedia non decolla, non acquisisce la credibilità necessaria a far funzionare per contrasto l’assurdità delle situazioni e delle gag. A Londra anche la più banale delle commedie nel West End ha la più precisa, credibile e funzionale delle scenografie.

La regia è inesistente e gli attori vagano sul palco in modo sostanzialmente casuale. Il ritmo è lento, uniforme con numerosi errori e battute che non passano. Spettacolo provato poco e male, se poi è stato mai provato.

Irriconoscibile la solitamente brava Marina Massironi, che, vistosamente fuori parte, nulla può contro la pochezza dell’insieme. Stanco, confuso e basso di voce Gianluigi Imparato. Generico Valerio Santoro. Da dimenticare gli altri.

Spettacolo nel complesso imbarazzante con cui il pubblico veronese è stato fin troppo indulgente.

Raffaello Malesci (Giovedì 8 Febbraio 2024)