Recensioni - Teatro

Vicenza: Massimo Lopez e Tullio Solenghi, in duo, portano a teatro Dove eravamo rimasti

Al Comunale del capoluogo berico, una tappa della tournée che vede sul palco i due comici e il loro spettacolo di arti varie

Mercoledì 17 gennaio, la sala maggiore del Teatro Comunale di Vicenza, all’interno del programma di spettacoli fuori abbonamento, ha ospitato una tappa della lunga tournée di una coppia di artisti molto amata, in un lieto ritorno.

Ha debuttato lo scorso novembre a Ferrara Dove eravamo rimasti, show che ha ripreso il dialogo con il pubblico di Massimo Lopez e Tullio Solenghi dopo il successo del “Massimo Lopez e Tullio Solenghi Show”, uno spettacolo da record che nel 2017 è stato proposto sul territorio nazionale in oltre 300 repliche. Di mezzo alcuni anni e una pandemia, la produzione firmata International Music and Arts ha visto il duo impegnato come mattatore e protagonista accompagnato dalla musica eseguita dal vivo della Jazz Company, diretta dal maestro Gabriele Comeglio.

Scritto da Lopez e Solenghi con Giorgio Cappozzo, lo spettacolo è uno di quei prodotti artistici che non possono prescindere dai loro creatori, che li indossano con assoluta naturalezza ed eleganza, come abiti di scena che raccontano anche la vita da palcoscenico di cui sono intessuti.

Lopez e Solenghi (da sempre) vogliono far ridere il pubblico, l’obiettivo ultimo è bene a fuoco e viene dichiarato nella premessa porta come un “bentornati” fatta a sipario chiuso: la platea prima dell’inizio è inondata, letteralmente, da un fumogeno “esilarante”, un additivo speziato di quelli che esaltano la percezione comica della realtà. La battaglia per conseguire l’obiettivo ha inizio, ma la guerra è già vinta: si gioca in famiglia, a teatro, in una gigantesca famiglia allargata di quelle di matrice anche televisiva (una tv da tubo catodico, poco smart) apparentata da una storia lunga più di una vita — “abbiamo 145 anni in due”, scherzano i due comici sul palco. Si divertono col pubblico vicentino fin dalle prime battute, Lopez e Solenghi, con riferimenti agli States che sono di casa, scambi che scatenano l’ilarità su argomenti sessuali, o post-sessuali come dir si voglia, con una spassosa versione di A Silvia, di Leopardi, recitata con cadenza veneta. Nella polveriera del duo, bene allineati, esplodono pezzi di repertorio, sketch, numeri di avanspettacolo, tutti a tratti lasciati con la loro patina originale, a volte attualizzati nel linguaggio e i riferimenti (fanno la loro apparizione Sfera Ebbasta, Gigi D’Alessio, la Fornero, Istagram e Tik Tok, Alexia e Siri). Nel mezzo, vengono eseguiti e cantati diversi pezzi musicali.

Tra giochi pirotecnici e fuochi d’artificio: si fa tappa nel mondo dell’arte, dove si trova Vittorio Sgarbi intento a illustrare capolavori in una lectio, che tra un Veronese e l’altro, come d’uso, invoca gli dei del mondo caprino; il presidente Mattarella, più avanti, tesse un dialogo giustamente surreale con Papa Francesco, alle spalle un Ratzinger alato che dà sottecchi il suo contributo; c’è il numero da avanspettacolo del dentista, dove a dirigere i giochi è un malinteso sul genere di prestazioni specialistiche che cercano i due astanti: una medica e una a luci rosse; nel finale, si è spettatori comodi in poltrona di una mini puntata del Costanzo Show con il presentatore che si impappina sulle parole intervistando un sempre in bilico pendente a destra Giampiero Mughini.

In un pezzo dedicato alle favole, della serie “non ce ne raccontiamo troppe”, Cappuccetto Rosso finisce vittima non tanto dell’opera del lupo, ma della tendenza da diabete al politically correct dei nostri tempi.

Il fumo continua a circolare, e dalla famosa telefonata che allunga la vita della Sip, vecchio spot pubblicitario con protagonista Lopez, trent’anni dopo nasce un Meet tra le luccicanti Alexia e Siri, che quasi sotto a un lampione si accusano a vicenda di eccessi di promiscuità. Le imitazioni messe in scena da entrambi gli artisti, senza bisogno di passaggi al trucco e parrucco, sono caratterizzate con maestria, riuscitissime. Nella parata di personaggi televisivi scorrono tra gli altri: Mike Bongiorno, Nunzio Filogamo, Pippo Baudo; fa capolino con tanto di boa rosa anche Cristiano Malgioglio.

È in prevalenza il mondo dello spettacolo quello su cui si gioca, ma fanno le loro apparizioni anche riferimenti alla politica: per esempio, da un palco che diventa green, si invoca l’arrivo di un bidone apposito per i parlamentari riciclati.

Come sempre, quando si pratica il terreno della comicità, non è tanto quello che viene detto (toccate e fughe nei paradisi dell’orchite o incursioni nell’escatologico comprese), ma come lo si dice e come lo si porge nell’azione, è fondamentale la danza di ritmi e di tempi, e in questo Lopez e Solenghi sono maestri.

La parte musicale della serata è dichiarativa dell’amore dei due artisti per certa musica. Tra i pezzi eseguiti, accompagnati dalla Jazz Company: da Sinatra, My Way, Send in The Clowns, That’s Life; nel finale la struggente Dentro la tasca di un qualunque mattino, di Gianmaria Testa — mentre sullo schermo, nel fondale, scorrevano le belle fotografie di Anna Marchesini. È l’unico tocco di nostalgia esplicita e controfirmata dello spettacolo; il resto, è vero, porta a pensare ad altri tempi e, un po’, sì, a dove si era rimasti, ma solo per qualche attimo, perché si è troppo impegnati a ridere.

Battaglia vinta. Due a zero, per il duo.