
Coprodotto dal Teatro Stabile del Veneto, lo spettacolo che ha consacrato il collettivo Anagoor, Leone d’Argento alla Biennale Teatro 2018
Visioni affascinanti e contemporanee, immaginario inedito e potente, che mescola canto, orazione e danza al sapiente utilizzo del video in scena. E’ l’Orestea. Agamennone, Schiavi, Conversio che la compagnia trevigiana Anagoor, vincitrice del Leone d’Argento alla Biennale Teatro 2018, presenta dal 7 al 10 Novembre al Goldoni di Venezia.
Dopo il successo riscosso lo scorso anno al Verdi di Padova e nei principali teatri italiani e internazionali, lo spettacolo coprodotto dal Teatro Stabile del Veneto insieme a Anagoor, Centrale Fies, TPE – Teatro Piemonte Europa e Teatro Metastasio di Prato, con la drammaturgia di Simone Derai e Patrizia Vercesi, autori anche della traduzione dal greco, arriva sul palco del teatro veneziano per proporre agli spettatori, attraverso la saga degli Atridi, una riflessione sul male e sulla violenza, sul senso della vita, della morte e della giustizia ma anche sul ruolo e sui limiti dell’arte.
La trama
L’Orestea di Eschilo è l’unica tragedia a essere giunta completa fino ai giorni nostri dal V secolo a. C., una riflessiva esplorazione della saga degli Atridi, storia potente fin dall’intreccio, quando Agamennone tornato a casa dalla guerra di Troia, è ucciso dalla moglie Clitennestra e vendicato dal figlio Oreste. L’opera si apre, infatti, con un capitolo tremendo, l’Agamennone, colui che per conseguire obiettivi di potere non evita di sacrificare i beni più preziosi, la felicità, gli affetti più cari. Il trono di Argo si erge su un cumulo di cadaveri di figli: il cumulo delle ricchezze ricavate dalla conquista è prezzo pagato con il sangue. Su questo coacervo di violenza pregressa e continua si innesta una catena di episodi cruenti dettati dalla cultura della vendetta che, esplodendo furiosamente in seno alla famiglia, formano la trama dolorosa dell’Orestea: un padre uccide la figlia, una sposa uccide lo sposo, un figlio uccide la madre.
L’allestimento
In questo allestimento il testo è inizialmente assunto nella sua integralità, per poi condensarne ed espanderne i nuclei fondamentali fino a tradirlo, affiancandolo o sostituendolo con un arcipelago di altri testi tratti da autori quali Quinzio, Severino, Givone, Sebald, Leopardi, Ernaux, Broch, Virgilio, Arendt e Mazzoni.
Si tratta di un’opera sull’Orestea più che di una sua riduzione, del frutto di un’immersione bruciante nella poesia e nel pensiero filosofico di Eschilo, un lavoro che, in un tempo in cui il discorso politico tende alla semplificazione e allo slogan, rinnova le domande sul senso della vita, della morte e della giustizia accompagnando lo spettatore al cospetto dell'antico attraverso lo sguardo vivo e vivificante del teatro.