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Venezia: Apologia di Alexi Kaye Campbell al Teatro Goldoni

Andrea Chiodi dirige l’immenso talento di Elisabetta Pozzi in una commedia divertente, che con tagliente humour inglese racconta la turbolenta storia di una famiglia disfunzionale.

Apologia è il titolo della commedia profonda e divertente, firmata da Alexi Kaye Campbell, uno degli autori più originali e importanti della scena anglosassone, che dal 23 al 26 gennaio va in scena al Teatro Goldoni di Venezia per la regia di Andrea Chiodi.

Lo spettacolo racconta con tagliente humour inglese la turbolenta storia di una famiglia disfunzionale, fatta di scomode verità domestiche, di grandi speranze e altrettanto cocenti disillusioni, fino a una sorprendente, emozionante conclusione. Nei panni della mamma Kristin Miller, l’immenso talento di Elisabetta Pozzi, tra le più importanti attrici di prosa del panorama nazionale vincitrice di quattro premi Ubu, David di Donatello e premio Duse, affiancata da un cast di straordinari attori come Alberto Fasoli, Christian la Rosa, Francesca Porrini, Martina Sammarco.

Note di regia

Ho voluto immaginarmi una casa come luogo privilegiato ed esclusivo, chiuso e nascosto, dentro cui si muovono i pensieri, gli sguardi, le difese e gli scontri di tutti. Il testo di Campbell, così perfettamente orchestrato, con un ritmo serratissimo e un plot molto chiaro, ci ha permesso di cercare di lavorare sui ritmi e sui silenzi quali momenti privilegiati per la riflessione e il pensiero.

In una serata succede tutto, si riaprono ferite, si rivivono ricordi. Si spalancano le grandi domande che ci hanno interrogato per tutto il lavoro: il possibile fallimento delle rivolte studentesche e del ‘68, l’imborghesimento di chi ne faceva parte e poi ancora domande sul consumismo e sulla fede, sui rapporti umani, sul coltivare i propri talenti e sulla relazione tra genitori e figli, cosa si è lasciato loro in eredità di quel periodo. Peter e Simon sono le due facce di una stessa medaglia: è così che la figura del figlio prende valore nello spettacolo, interpretata a sere alterne dai due attori o dallo stesso attore in un vero gioco teatrale, non fine a sé stesso, ma capace di raccontare in maniera sorprendente diversità e similitudini dei due ragazzi, feriti in modo diverso e uguale. Dentro queste grandi tematiche abbiamo dovuto muoverci e dar vita a una situazione privata, con il desiderio di renderla universale, senza dare delle risposte ma raccontando l’eccezionalità che è l’umano quando si mette in ricerca. Tutto questo passando da Giotto, quale vero artista rivoluzionario, che offre a noi l’occasione di riguardare ai grandi del passato per capire meglio come essere artisti oggi, ripartendo dalle esigenze reali e importanti che ci muovono.

Andrea Chiodi