Comicità ma anche profonde riflessioni per capire una delle regioni più affascinanti e complicate della nostra penisola
Per la rassegna “Divertiamoci a teatro” è andata in scena al Teatro Nuovo di Verona “Girgenti, amore mio”, una commedia formata dall'intreccio di spassosissimi sketch, coordinati tra di loro da Gianfranco Jannuzzo, che è andato ad affrontare i problemi più complicati, ma anche le tradizioni e le abitudini dell'intera Sicilia. In particolare egli ha focalizzato la sua attenzione su “Girgenti”, vecchio nome di Agrigento, la sua città natale, che, come ha ben spiegato durante la serata, ha dovuto abbandonare per recarsi a Roma con la famiglia all'età di tredici anni. In Jannuzzo il ricordo della sua terra non è mai svanito e tanto meno è stato tagliato il cordone ombelicale, creando in questo modo un legame indissolubile tra lui e la sua Sicilia.
I temi affrontati durante la serata sono stati moltissimi: dalla storia di Pizzo Siculo, paese della provincia di Agrigento, in cui Jannuzzo ha interpretato il ruolo del Sindaco alle prese con un'intervista radiofonica, e in cui è palese il collegamento con il problema più scottante della Sicilia, quello della Mafia, ad un'altra questione importantissima e paradossale, che crea molto disagio, quella della mancanza di acqua potabile.
Molto spazio è stato dato anche alle differenze di comportamento in situazioni analoghe di alcuni popoli confrontati con quello siciliano: un esempio è l'atteggiamento di fronte alla morte, ma anche quello dei mariti nei confronti delle mogli. E' proprio in queste scene che si è avvertita la bravura dell'artista, che ha la capacità di mimetizzarsi e cambiare accento a seconda dei personaggi da imitare. Jannuzzo si è messo nei panni di veneti, milanesi, calabresi, napoletani, ma anche in quelli di una moglie francese e una tedesca. Tutte queste trasformazioni sono avvenute con molta rapidità sul palcoscenico, con l'aggiunta di particolari nel vestiario per rendere al meglio la caratterizzazione.
Se da una parte lo spettacolo è risultato essere dinamico e a volte anche frenetico, dall’altra non sono mancati i lunghi monologhi di riflessione sull'amore, ma anche sul sentimento di attaccamento alla città d'origine, che ne hanno rallentato il ritmo, specialmente nella seconda parte, che è stata quella un po' meno frizzante.
La scenografia, opera di Salvo Manciagli, ha magicamente ricreato gli ambienti fondamentali per l'individuazione del “genius loci” di Girgenti, cioè lo spirito del luogo: primo fra tutti va ricordato il tempio sulla destra, simbolo di una cultura importante e radicata da millenni, mentre sullo sfondo è visibile il mare blu, un'altra ricchezza della Sicilia, che ne è completamente circondata. Di estrema suggestione sono stati gli effetti di cambiamento del colore del cielo, dal rosso vermiglio del tramonto alla versione notturna, con una luna tonda e gigante che, dominando la scena, ha ipnotizzato il pubblico.
Il viaggio nella Sicilia di Jannuzzo è stato accompagnato dalle splendide musiche di Francesco Bazzurro, che hanno reso ancora più commovente il suo ritorno alle origini.
Il pubblico del Teatro Nuovo, sebbene non molto numeroso, si è molto divertito e l'artista ha percepito questa intesa, tanto che, chiuso il sipario, non ha saputo resistere ed ha prolungato la sua esibizione con un altro siparietto comico. Ha inoltre aggiunto che il pubblico è come un ”mostro”, ogni volta diverso, che respira con lui durante tutto lo spettacolo ed ha concluso affermando che nel caso della serata in questione si è trattato di un “mostro stupendo”.
Una grande soddisfazione dunque per l'artista, ma anche per gli spettatori del Teatro Nuovo, che lo hanno ringraziato e applaudito, incantati per il breve viaggio di una serata in uno luoghi più belli del mondo.
Stefania Malesci (28/01/2010)