Recensioni - Opera

A Bergamo lezione di belcanto con Jessica Pratt e John Osborn

Grande successo per Roberto Devereux al Donizetti Opera Festival

Teatro esaurito con tantissimi ospiti stranieri a Bergamo per la nuova produzione di Roberto Devereux di Gaetano Donizetti. Opera proposta in edizione critica con la direzione attenta e calibrata di Riccardo Frizza a capo dell’Orchestra del Donizetti Opera.
 
Indimenticabile serata di belcanto grazie ai due protagonisti dell’opera: il soprano britannico Jessica Pratt e il tenore statunitense John Osborn, che hanno dato una vera e propria lezione di interpretazione e vocalità nei rispettivi ruoli, ottenendo un successo al calor bianco, culminato in oltre dieci minuti di ovazioni per tutti gli interpreti nel finale.
 
Entrambi hanno dimostrato cosa vuol dire cantare il repertorio donizettiano sulla parola e sulle intenzioni, come gli abbellimenti e le cadenze non siano un puro sfoggio di bravura ma un mezzo per comunicare il personaggio. Entrambi riescono senza sforzo apparente a dominare le impervie tessiture, mantenendo un’aderenza al personaggio che li trasforma in interpreti magnetici, in figure immedesimate e credibili.
 
Jessica Pratt (Elisabetta) sfoggia una sicurezza vocale che ha dell’incredibile, controllando alla perfezione sia le volute delle cadenze che gli affondi nella voce di petto. Magistrale la scena finale della pazzia e della morte della regina, per cui ha ricevuto dal pubblico una vera ovazione personale.
 
John Osborn (Roberto Devereux) non è da meno e sfoggia una voce adamantina, sempre sorretta sul fiato, alternando accenti soavi e patetici ad affondi lirici decisi e a filati perlacei. A furore di popolo ha concesso il bis dell’aria “Come uno spirto angelico”, riproposta con nonchalance e facilità.
 
Altra grande e applaudita sorpresa la Sara di Raffaella Lupinacci. Il mezzosoprano calabrese convince con la sua voce piena e sonora, la perfetta aderenza al personaggio e al canto sulla parola. Una grande prova anche per lei. Completavano degnamente un grande cast il Nottingham corretto e appassionato di Simone Piazzola, il Lord Cecil di David Astorga, oltre a Fulvio Valenti e Ignas Meinikas nelle parti minori.
 
Azzeccata anche la parte visiva dello spettacolo, con la convincente messa in scena del regista britannico Stephen Langridge, coadiuvato da Katie Davenport per le scene e i costumi.
 
L’idea registica si focalizza sul personaggio di Elisabetta, costantemente seguito dal suo doppio scheletrico, impersonato da un pupazzo animato magistralmente condotto da due mimi. La Regina è perseguitata da questo suo doppio, che le ricorda perennemente la differenza di età fra lei e l’amato e la morte che incombe. Morte che è altresì sempre presente nell’allestimento con clessidre e teschi sparsi per il palcoscenico.
 
Contraltare al perenne memento mori è la presenza stagliata in scena di un grande letto rosso, simbolo di passione e voluttà. Passione che perseguita tutti i personaggi della tragedia, infatti il letto è sempre presente, sospeso e in varie posizioni, sia nelle scene di Sara che in quelle della Regina. Voluttà che irrompe poi prepotente con la proiezione sulla scenografia asettica dei versi d’amore delle lettere di Devereux alla Regina.
 
Personaggio non secondario nella messa in scena di Langridge risulta essere la corte dei pari di Inghilterra, che nell’opera congiurano per condannare a morte Roberto Devereux, il favorito della regina. Ebbene il coro viene sempre e opportunamente disposto dal regista in posizione sopraelevata, incombente, dietro grandi praticabili grigi, che ricordano pareti invalicabili, ma anche gli spalti di un teatro anatomico. Livide in questo senso le belle luci di Peter Mumford, che fa frequente ricorso alla fredda luce di neon sospesi. Il coro, che è corte, popolo, opinione corrente, sovrasta sempre i personaggi, li costringe a dibattersi in un’arena da cui è impossibile uscire, li racchiude in una prigione fatta di pareti lisce e invalicabili.
 
Un’ottima regia in definitiva, attenta al senso simbolico del dramma e accurata nella realizzazione scenica e nella disposizione delle masse.
 
Successo memorabile e applausi interminabili nel finale.
 
Raffaello Malesci (Sabato 23 Novembre 2024)