
Al Festival Monteverdi Il ritorno di Ulisse in patria convince sia dal punto di vista scenico che musicale
Titolo inaugurale del Monteverdi Festival 2025, Il ritorno di Ulisse in patria nella nuova produzione firmata da Davide Livermore e diretta da Michele Pasotti si è concluso con un esito trionfale.
Se l’eroe omerico, filtrato dalla penna di Claudio Monteverdi e del librettista Giacomo Badoaro, non è più l’astuto guerriero ma l’esule stanco che deve ritrovare la sua identità e, soprattutto, la sua autorità in quello che una volta era il suo regno, Livermore ha la felicissima intuizione di trasformarlo in un soldato che torna a casa dopo il secondo conflitto mondiale.
Le scene di Eleonora Peronetti, le videoproiezioni di D-WOK ed i costumi di Anna Verde trasformano Itaca in un’isola del mediterraneo a cavallo tra gli anni ’40 e ’50 del secolo scorso, ispirata a pellicole neorealiste quali Stromboli o La terra trema; ma anche la prima scena in cui la bravissima (e coraggiosissima) Chiara Osella interpreta l’Humana fragilità completamente nuda, dopo essersi strappata gli abiti di dosso, rimanda alle violenze della Ciociara. In questo contesto Livermore costruisce uno spettacolo felicissimo, in cui le luminose videoproiezioni e le ottime luci di Antonio Castro rievocano perfettamente atmosfere e colori mediterranei ed in cui ogni personaggio è perfettamente cesellato in un raffinato gioco ad incastro gestito con tale naturalezza e spontaneità che quasi la mano del regista non si nota. Ed infatti è risaputo che le regie migliori sono proprio quelle in cui il regista scompare. In questo caso, però, per non scomparire completamente Livermore è tornato al suo antico amore per il canto e si è ritagliato sulla scena il ruolo di Iro, di cui rende perfettamente l’ambiguità mantenendolo sempre in un sottile equilibrio tra dramma e rozzezza e rendendolo figura icastica all’interno dello spettacolo.
Eccellente il cast: Mauro Borgioni, interprete di riferimento della musica monteverdiana è un Ulisse dal timbro e dal fraseggio impeccabili e dall’interpretazione estremamente credibile, sia nel disorientamento iniziale che nella furia vendicativa, affiancato sulla scena dalla straordinaria Penelope di Margherita Sala. Nonostante l’infortunio alla prova generale che l’ha costretta ad esibirsi con un braccio ingessato, la cantante ha fornito una prova superlativa per nobiltà dell’emissione, ricchezza degli accenti e magnetismo sulla scena: un’autentica lezione di quello che dovrebbe essere il “recitar cantando”.
Rimarchevoli anche le prove di Jacob Lawrence, Telemaco spigliato e dalla voce luminosa, Arianna Vendittelli, Minerva autorevole, Giulia Bolcato, intensa e coinvolgente nei ruoli di Amore e Giunone e Luigi De Donato, nel doppio ruolo di Nettuno e del Tempo.
Da segnalare anche le ottime prove di Cristina Fanelli (Fortuna), Chiara Osella, Valentino Buzza (Giove), Alena Dantcheva (Melanto), Francisco Fernández-Rueda (Eumete), Alberto Allegrezza (Eurimaco) Arnaud Gluck (Pisandro), Roberto Rilievi (Anfinomo) e Matteo Bellotto (Antinoo) e Chiara Brunello, (Ericlea).
Sul podio Michele Pasotti ha diretto i musicisti de La Fonte Musica con grande equilibrio tra filologia ed espressività, con una concertazione varia ed articolata nelle agogiche e sempre attenta alla narrazione.
Al termine successo trionfale ed applausi convinti da parte di un pubblico entusiasta tra il quale si spera vi fosse anche qualche Direttore artistico dotato di fiuto ed interessato a riprendere lo spettacolo nelle prossime stagioni perché chiuderlo dopo sole due repliche sarebbe veramente un peccato.