Recensioni - Opera

A Düsseldorf la Lady Macbeth di Šostakóvič

Riuscita messa in scena per il capolavoro del compositore russo

Nuovo debutto a Düsseldorf, alla Deutsche Oper am Rhein (L’Opera tedesca sul Reno), con un capolavoro del repertorio russo: Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Dmítrij Šostakóvič.

L’opera viene presentata sotto la direzione di Vitali Alekseenok, con la regia di Elisabeth Stöppler, coadiuvata per le scene da Annika Haller e per i costumi da Su Sigmund.

La regista azzecca uno spettacolo intenso e contemporaneo, ambientando tutta l’azione in un lindo appartamento, con le pareti bianche e nitide, una cucina perfetta, un letto di design e un inquietante angolo lavanderia con quattro asciugatrici illuminate sempre in movimento. È la plastica rappresentazione della noia che attanaglia Katerina Izmajlova, ingabbiata in una vita perfetta e senza stimoli, in preda allo sconforto di una giovane donna stretta fra un marito che non ama e un suocero tirannico.

La storia di Katerina, musicata da Šostakóvič nel 1934 e ispirata al racconto di Nikolaj Leskow, ricorda in qualche modo i tormenti di Madame Bovary, ma in un contesto di violenza e sopraffazione psicologica diversa. Katarina vive le stesse pulsioni di Emma, ma con una spregiudicatezza e consapevolezza totalmente contemporanee. Accusata di non riuscire a dare un erede alla famiglia, non ha paura di addossare la colpa al marito, incapace di procreare. In Šostakóvič ogni rimasuglio di morale è spazzato via e il diritto alla felicità si fonde con una nuova e spregiudicata volontà di affermazione. La violenza è inevitabile, il delitto dietro l’angolo. È arrivato il novecento.

La messa in scena è ottimamente organizzata e diretta, con ampio utilizzo della pedana rotante che permette di passare senza soluzione di continuità da una stanza all’altra dell’appartamento. Il coro dei lavoranti è uniforme, irreggimentato, e ricorda vagamente alcune scene di Metropolis. La recitazione è curata ed efficace, non c’è il minimo timore di andare fino in fondo anche nelle scene più crude. Riuscitissima, realistica fino al parossismo, quella del violento amplesso fra Katerina e Sergej dentro la doccia. La società in cui si sviluppano i delitti di questa Lady Macbeth è uno spaccato di nefandezze, dal pope indifferente e arraffone, fino al capo della polizia corrotto e meschino.

Gli episodi del secondo atto, dopo l’omicidio del suocero e del marito, esplodono in un assommarsi di accenti grotteschi, con i personaggi che diventano bambole in preda ai loro impulsi. In loro l’umanità sembra definitivamente perdersi e l’opera si conclude in una spirale di violenza, brama sessuale e ddisperazione. Anche il coro finale dei deportati assume una valenza sinistra e l’opera di Šostakóvič si conferma un capolavoro universale, capace di parlare a tutte le epoche proprio perché non ha timore di affrontare i recessi più insondabili dell’animo umano.

Splendido il versante musicale con la veemente e magnetica direzione di Vitali Alekseenok, che non ha timore di calcare la mano sulle sonorità, scegliendo di posizionare in alcune scene la sezione delle trombe e tromboni sul palco, per poi disporli nel finale in galleria, ottenendo un effetto sonoro avvolgente e totalizzante di grande effetto. Precisa, contemporanea e sfaccettata la sua concertazione, che, pur nel fiume sonoro di Šostakóvič, non perde di vista l’equilibrio con il palcoscenico.

Di primo livello la compagnia di canto. A partire dalla Katarina di Izabela Matula, che sfoggia una voce che svetta senza difficoltà sul fiume orchestrale e convince appieno con una recitazione efficace, crudele e volitiva.

Al suo fianco la bella prova di Sergey Polyakov nei panni dell’amante. Il tenore russo riesce a costruire il personaggio sia scenicamente che vocalmente, forte di una voce omogenea e dal timbro accattivante.

Andreas Bauer Kanabas è perfetto nella parte del suocero Boris. Imponente e ben impostata voce di basso la sua, riesce ad incarnare alla perfezione il tirannico vecchio che segretamente desidera Katarina. Ottimo anche Jussi Myllys, un marito Sinowi tanto inetto quanto debosciato, e Torben Jürgens come vecchio deportato. Divertenti e gustosamente caratterizzati Beniamin Pop e Thorsten Grümbel, rispettivamente il prete e il corrotto capo della polizia. Professionale e perfetto tutto il resto del numeroso cast: Anke Krabbe, Sergej Khomov, Valentin Ruckebier, Maria Polańska, Constantin Moței, Dae-Il Park, Mamuka Manjgaladze, Zhive Kremshovski.

Grande successo nel finale con il pubblico in piedi ad applaudire.

Raffaello Malesci (Sabato 22 Febbraio 2025)