
Sontuoso e riuscito allestimento del Tiroler Landestheater per l’operetta berlinese di inizio novecento
Innsbruck, arriva il viaggio lunare inventato agli inizi del novecento dal compositore berlinese Paul Lincke: Frau Luna, operetta del 1901, in seguito più volte rimaneggiata dallo stesso autore.
Grande successo sui palcoscenici leggeri della capitale tedesca, l’operetta mantiene ancora oggi tutta la sua verve e fantasia. Descrive un immaginario viaggio sulla luna di un gruppo di improbabili berlinesi, a cui, dopo varie avventure, non resta che constatare che si stava meglio a Berlino.
Paul Lincke agli inizi del novecento era in buona compagnia nel sognare un viaggio verso la luna: lasciando stare le citazioni colte e lontane nel tempo, come il viaggio di Astolfo nell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto, basterà pensare al celebre romanzo “Dalla terra alla Luna” di Jules Verne di qualche decennio prima, oppure al famoso film di Georges Méliès “Le Voyage dans la Lune”, che uscirà solo due anni dopo la nostra operetta.
La storia messa in scena da Paul Lincke è labile, farsesca, ma piena di bella musica, orecchiabile e divertente. Non manca una frizzante caratterizzazione berlinese, quel tanto di satira sociale, cori brillanti e moderni ballabili ritmati. Il successo al tempo fu schietto e ancora oggi è un’operetta non banale, che si guarda con piacere. Un perfetto teatro di intrattenimento.
Hansjörg Sofka ci propone una versione musicale per piccola orchestra, puntando su accenti da jazz band. Si allontana in questo modo nettamente dalla tradizione viennese, catapultandoci in atmosfere da cabaret della repubblica di Weimar.
Il regista Otto Pichler, autore anche della riduzione drammaturgica, attualizza il testo quel tanto che basta per inserire coerentemente diverse riuscite battute che rimandano alla contemporaneità, senza mai tradire la leggerezza e l’ironia che sottende a tutto il lavoro. L’impostazione scenica è sempre chiara, mobile, luccicante e sontuosa. Divertenti le citazioni musicali inserite: dal wagneriano canto di Brünhilde all’arrivo del personaggio di Frau Pausebach, fino all’ironica citazione Straussiana da “Also Sprach Zarathustra” (ormai inevitabilmente anche associata a film spaziale di Stanley Kubrick) al sorgere della luna.
Jan Freese crea una scena con pochi elementi che ricorda un Luna Park sempre in movimento, strizzando l’occhio alla revue francese e al café-chantant. Fantasmagorici i costumi di Falk Bauer, tutti paillette e lustrini, con richiami opportuni e azzeccati alla storicità mescolata al fumetto, ma anche alla commistione di genere, con il coro delle vespe lunari che sembra uscito dagli anni sessanta londinesi.
Bravi, divertenti e appassionati tutti gli interpreti. A partire dall’energia trascinante di Jakob Nistler, chiamato all’ultimo a sostituire l’infortunato Florian Stern. Il giovane cantante, convince sia per il canto che per la recitazione, creando efficacemente il personaggio del sempliciotto. Jennifer Maines è una Frau Pausebach ottima nel canto e dalla recitazione secca e caustica. Tom Erik Lie caratterizza con souplesse e professionalità l’improbabile Theophile, con quell’aria svagata e un canto sillabato, preciso, scolpito nella parola, tanto da ricordare a tratti lo stile di Max Raabe.
Frau Luna era Susanna Langbein, perfetta, ironica con una voce sonora che riempie facilmente la cavea del teatro. Andrea De Majo ci regala una divertente e atletica versione del Principe Sternschuppe, stella del rock in stile Elvis Presley.
Il merito principale del successo va a tutto il numeroso ensemble, tutti bravi e preparati: Camilla Lehmeier, Anastasia Lerman, Julien Horbatuk, Michael Gann, Bernadette Müller, Abongile Fumba, Jens Krause.
A fine serata tutto il pubblico canta insieme all’ensemble il pezzo più famoso dell’operetta: “Berliner Luft!”, un successo franco e incondizionato.
Raffaello Malesci (Sabato 22 Giugno 2024)