Recensioni - Opera

A Innsbruck l’opera contemporanea senza orchestra

Direzione affidata alle luci per l’interessante Liebesgesang di Georg Friedrich Haas

Il Tiroler Landestheater di Innsbruck propone all’interno del proprio cartellone operistico un’interessante opera contemporanea in prima assoluta in Austria. Si tratta di Liebesgesang, opera senza orchestra e con solo due interpreti, musica e concetto scenico di Georg Friedrich Haas su libretto di Händl Klaus.

Composizione contemporanea e sperimentale quella di Haas, che si affida a due soli interpreti, elimina direttore e orchestra per creare uno spettacolo in cui la direzione dei cantanti e gli attacchi sono determinati dai cambi luci, che per l’autore sono parte integrante ed irrinunciabile dello spettacolo.

La storia si basa sostanzialmente su un lungo dialogo fra una coppia, Christian e Luz. Lui è rinchiuso in un sanatorio per malati di mente e lei va a trovarlo. Ne segue un intenso e straniante confronto basato sul testo criptico e onirico di Händl Klaus. La performance degli artisti, i bravi Benjamin Chamandy e Mimi Doulton, spazia da sprazzi lirici, vocalità che ricordano nenie infantili, ripetizioni ossessive di parole o suoni che si intersecano in un dialogo che è al contempo parola, verso, suono, melodia e rumore. Parte importante nell’esecuzione sono poi gli improvvisi e forzati silenzi e l’atmosfera rarefatta creata dalle luci e dalla scenografia materica e molto ben concepita di Martin Hickman.

Lo scenografo inventa infatti una serie di volumi geometrici, che su un palcoscenico girevole sempre in movimento creano vari ambienti e permettono agli interpreti di utilizzare le diverse altezze della scena. Lo spettacolo parte con una parete scura che racchiude il protagonista in una sorta di prigione, questa si apre completamente nel corso dell’opera per tornare a chiudersi in una nicchia claustrofobica nel finale. Il confronto fra i due protagonisti non è sempre chiaro e intelleggibile, ma questo è chiaramente voluto. Non mancano momenti di bella intensità come il finto rapporto sessuale immaginato a distanza o la masturbazione in scena del protagonista maschile accompagnata da una serie di suoni che rasentano il comico. Comicità che ritorna nella ripetizione ossessiva della parola “Brot” (pane), scandita per diversi minuti in modo ossessivo dai due interpreti. Essendo però che si tratta di teatro contemporaneo, nessuno ha il coraggio di ridere.

La regia di Marcos Darbyshire è sempre chiara, varia e ben organizzata con una preparazione scenica degli interpreti meticolosa. La produzione è eccellente per precisione e attenzione ai dettagli, i due protagonisti assolutamente ammirevoli nel portare il dettato musicale completamente a cappella, dimostrano doti musicali e vocali notevoli. L’opera nel suo insieme è di sicuro interesse e funziona in particolare quando le suggestioni musicali sono legate ad azioni concrete degli interpreti, meno quando tende a ripetersi in stilemi avanguardistici fini a sé stessi.

Una bella proposta nel complesso a cui lo scarso pubblico presente ha applaudito con convinzione.

Raffaello Malesci (26 Settembre 2024)