Recensioni - Opera

A Innsbruck manca la teatralità all’Ifigenia in Aulide di Antonio Caldara

Messa in scena poco convincente e direzione di asettica perfezione

Nell’ambito delle Innsbrucker Festwochen der Alten Musik viene presentata un‘opera di rarissima esecuzione come L’Ifigenia in Aulide del compositore veneziano Antonio Caldara, su libretto di Apostolo Zeno. L’opera ebbe la sua prima rappresentazione a Vienna nel 1718, in occasione dei festeggiamenti per l’onomastico dell’imperatore.

Una composizione di circostanza dunque, che fu presto dimenticata e che a Innsbruck viene presentata nell’edizione critica di Bernardo Ticci, rivista da Ottavio Dantone, in buca a capo dell’Accademia Bizantina, oltre che direttore musicale delle Festwochen.

Per la messa in scena interviene il duo catalano Anna Fernández & Santi Arnal, della compagnia di burattini Per Poc, coadiuvati dalle scene di Alexandra Semenova e dalle coreografie di Cesc Gelabert.

Il libretto di Apostolo Zeno, scrittore e poeta veneziano con una fortunata carriera oltralpe, prende da Euripide ma anche da altre fonti come Racine, modifica leggermente la trama e propone un edulcorato quanto stucchevole lieto fine. Un classico prodotto del suo tempo, ovvero un’infilata interminabile di recitativi e arie. Antonio Caldara, venezianissimo anch’egli, trova un lavoro sicuro e discretamente remunerato alla corte di Vienna, con la mansione di Vice Maestro di Cappella presso l’imperatore. La sua musica è precisa e abbondante, ma da parte nostra concordiamo pienamente con il giudizio che ne diede Pietro Metastasio: “…il famoso Caldara, un importante maestro del contrappunto, ma estremamente negligente nell'espressione e di scarsa efficacia”.

Ottavio Dantone dirige con asettica perfezione la brava Accademia Bizantina, sciorina con somma maestria arie e recitativi, impressiona per la precisione e la perizia. Ma tanta perfezione manca di teatralità e dopo oltre 3 ore e 40 di algida esecuzione metronomica, l’unica sensazione che rimane è la noia. Se a ciò si aggiunge una messa in scena poco più che illustrativa, assolutamente anti teatrale e completamente priva di idee, se ne esce con la sensazione che il manoscritto di questa Ifigenia sarebbe rimasto meglio custodito presso la biblioteca nazionale austriaca, dove è stato ritrovato.

Il “fatto teatrale” ideato dalla compagnia catalana si sostanzia infatti in un allestimento che richiama il teatro dei burattini, con i personaggi femminili sostituiti da “Marottes” e una scena che consiste in tele dipinte e cartonati di statue e fontane. Non vi è alcun tentativo di lettura drammatica, gli interpreti stanno in scena appunto come burattini, inespressivi e senza costrutto o scopo, spesso vagolando per il palco abbandonati a loro stessi.

I costumi maschili, fra i più brutti che io ricordi in quarant’anni di teatro, si limitano a lasciare i cantanti a torso nudo, con dei pantaloncini corti da casa stile costume (sì, proprio quelli con l’elastico in vita e i laccetti), improbabili sandali da e-commerce asiatico. Si completa il misfatto con cappottini di pelo decorati da ammennicoli indecifrabili. La grecità viene data da elmi stile teatro dei pupi, che vengono messi e tolti in continuazione. Le donne vestono orrende tuniche a righe.

La preparazione scenica dei cantanti è inesistente: non si intravede alcuna direzione registica, tutti stanno in scena sostanzialmente neutri, spesso con gli occhi bassi. Neanche in un concerto si raggiunge tale inespressività e mancanza di comunicazione con il pubblico. Ciò ovviamente influenza l’interpretazione, tanto che tutto suona uguale: arie di furore, arie patetiche o d’amore sono tutte cantate e “recitate” alla stessa maniera.

Gli interpreti sono tutti giovani e la maggior parte proviene dal concorso Cesti, curato dalle stesse Festwochen. Cantano le note diligentemente così come l’orchestra suona con precisione, un concerto forse avrebbe avuto più verve, ma è inutile infierire, crediamo che non sia colpa loro.

Li citiamo per dovere di cronaca: Marie Lys, Carlo Vistoli, Shakèd Bar, Martin Vanberg, Neima Fischer, Filippo Mineccia, Lawrence Kilsby, Giacomo Nanni.

Molti applausi nel finale. Qualcuno nell’intervallo si è defilato, altri sono felici di aver sentito un buon concerto. Noi speravamo di ascoltare e vedere teatro in musica. Punti di vista.

Raffaello Malesci (Martedì 12 Agosto 2025)