Recensioni - Opera

A Modena Pelléas et Mélisande di intensa suggestione

Splendido allestimento del duo registico Barbe & Doucet

Arriva al Teatro Comunale Pavarotti Freni di Modena il Pelléas et Mélisande, dramma lirico di Claude Debussy su libretto di Maurice Maeterlinck, in un allestimento di intensa suggestione poetica curato dal duo registico franco-canadese Barbe & Doucet, ovvero André Barbe e Renaud Doucet, ottimamente ripreso per l’occasione da Florence Bas.

Opera complessa e sicuramente non facile questa di Debussy, quasi un unicum nel panorama del repertorio operistico, con le sue atmosfere rarefatte e un canto sulla parola che non induce mai a facili accenti melodici, ma staglia il dettato canoro all’interno di un complesso e modernissimo tappeto sinfonico di stampo impressionista.

La storia, semplice eppure polimorfa per gli infiniti richiami simbolisti tipici di Maeterlinck, racconta l’amore impossibile fra Pelléas e Mélisande, quest’ultima sposata a Golaud, che, come di tradizione, finisce in tragedia con l’uccisione di Pelléas da parte del marito e la morte per dolore di Mélisande. Se aggiungiamo che il triangolo vocale è quello classico di tenore e soprano per i due amanti con il baritono come antagonista, potrebbe sembrare uno schema ben conosciuto.

In realtà sia la storia che la musica restano sibilline, enigmatiche, aperte a molteplici suggestioni e interpretazioni. Ogni accento, ogni riferimento potrebbe avere una doppia valenza semantica, tutto viene volutamente lasciato nell’incertezza, moltiplicando a dismisura le possibilità interpretative. La drammaturgia assomma scene che spesso sembrano inutili per la storia, ma rivestono grande pregnanza simbolica. Così abbiamo un amore appassionato che però potrebbe essere anche platonico, abbiamo un anello che scatena la gelosia di Golaud, caverne e grotte dove gli oggetti si perdono in stagni senza fondo, i lunghi capelli di Mélisande che scendono da una torre in cui la fanciulla sembra rinchiusa senza in realtà esserlo.

Ripetuti i riferimenti alla favola, ai bambini e alla cecità, come se tutti i personaggi fossero travolti da sentimenti troppo complessi per la loro condizione infantile, sentimenti che spesso si rifiutano di vedere.

Barbe & Doucet mantengono l’atmosfera sognante dell’opera, il suo dettato favolistico, creando una scena ctonia, in cui tutto sembra svolgersi sottoterra, nel ventre della natura. Gli alberi, le case, i castelli fluttuano in aria su grandi zolle di terreno. Da sotto queste zolle spuntano le radici degli alberi che assomigliano molto ai capelli di Mélisande che pendono da altezze inarrivabili. Capelli che poi sembrano acque sgorganti da una fontana neoclassica raffigurante la stessa protagonista. A proscenio troviamo una piscina e un piccolo ruscello. La presenza dell’acqua, anche con il suo rumore, è costante. Sei figuranti in abito virginale accompagnano la storia recando sempre in mano una sfera luminosa che nel finale, alla morte di Mélisande, sarà abbandonata nell’acqua dello stagno, a simboleggiare il ritorno dell’anima nel suo elemento di partenza.

Spettacolo denso, complesso, di forte suggestione e accurata precisione scenica, con una lettura attenta e originale del libretto e con diverse soluzioni assolutamente geniali. Basti citare la scena in cui Golaud spia gli amanti dalla finestra della torre, che in realtà è il modello in miniatura del castello, forse un giocattolo, fluttuante nel vuoto, allo stesso tempo rimando simbolico e verità sfalsata sul piano del gioco e della realtà.

Una grande creazione registica questa di Barbe & Doucet, sempre ancorata al dettato simbolico, molto attenta ad illuminare i versi di Maeterlinck e la musica di Debussy senza mai cadere nel didascalico.

Ottimo anche il versante musicale con l’orchestra dell’Emilia-Romagna Arturo Toscanini in grande forma sotto la bacchetta attenta e precisa del bravo Marco Angius.

Efficaci e coinvolti tutti cantanti, fra cui spiccano il sonoro e convincente Pelléas di Phillip Addis e l’ieratico e compassionevole Arkël di Vincent le Texier. Michael Bachtadze convince in particolare nella seconda parte dell’opera in cui riesce a dare uno sfogo vocalmente teso e partecipato alla gelosia che rode Golaud. Sempre attenta e vocalmente appropriata la Mélisande di Karen Vourc’h. Completano ottimamente il cast Enkelejda Shkoza (Geneviève), Silvia Frigato (Yniold) e Roberto Lorenzi (Un medico).

Pubblico non particolarmente numeroso. Ottimo successo nel finale.

Raffaello Malesci (Venerdì 20 gennaio 2023)