Recensioni - Opera

A Roma Tosca con Anna Pirozzi

Una bella riproposizione dell’allestimento originale utilizzato per il debutto del 1900

“Il punto di partenza di questo allestimento è un esperimento sulla tradizione. La mia regia è basata su questo: seguire tutte le indicazioni di Puccini scritte nella partitura” (Alessandro Talevi).

Questa scelta di impostazione della regia è possibile poiché Puccini ha lasciato molte note sulla partitura tramite le quali il quadro complessivo della vicenda si arricchisce oltre alla dimensione musicale. Per seguire questa linea, il regista ha fatto recitare ai personaggi la propria parte senza accompagnamento musicale: in questo modo ha potuto portare l’attenzione degli artisti sulla natura primordiale del testo del libretto e sfruttare le numerose indicazioni con le quali il compositore ha voluto arricchire il quadro drammatico, rivolgendosi ai cantanti come agli orchestrali. Una scelta che ha consentito di affrontare la natura particolare di questa produzione, con diversi cast durante l’anno operistico. Una regia che ha convinto, nella sua linearità: tradizionale e solida.

Per questa edizione di Tosca Carlo Savi ripropone una ricostruzione fedele delle scenografie di Adolf Hohenstein come lui le progettò e realizzò per il debutto dello spettacolo al Teatro Costanzi nel 1900. Nel corso degli anni il palcoscenico è stato modificato più volte. Negli anni ‘30 Pericle Ansaldo rivoluzionò il boccascena introducendo un sistema di ponti idraulici per alzare ed abbassare le quinte in modo automatico, che era all'avanguardia per l’epoca. Un impianto rimasto in uso fino al ‘90. Per poter riproporre le scene secondo il progetto del 1900 lo scenografo ha dovuto tener conto di questi cambiamenti, in particolar modo rispetto alle dimensioni del boccascena che sono aumentate da 12 x 8 metri a 16 x 8 metri. Quindi il progetto è stato calibrato sulle nuove dimensioni del boccascena, per mantenere le proporzioni originali. Il risultato è stato molto interessante e di grande effetto. Una scenografia fissa per ogni atto, dai disegni barocchi, eleganti ed un poco stilizzati, con una predominanza di colore diversa per ogni atto. Per il primo, il bianco dei marmi di Sant’Andrea della Valle, per il secondo, il verde austero e ricco degli appartamenti di Scarpia a Palazzo Farnese, per il terzo il blu del cielo di Roma visto dal tetto di Castel Sant'Angelo con varie sfumature tra la notte e l’alba, delimitato a destra dal colore del muro per la scena della fucilazione. Disegni semplici ma di grande effetto che hanno riportato gli spettatori ad un tempo andato, creando una bella suggestione. I colori delle scene sono stati ben valorizzati dai giochi delle luci, utilizzando anche passaggi tra chiaro e scuro, che ne hanno cambiato la percezione in modo molto piacevole durante le varie fasi dello spettacolo. Anche i mobili di scena hanno riproposto gli originali creati da Hohenstein.

Da sottolineare anche le tecniche utilizzate per la creazione delle scene: il Teatro dell’Opera di Roma è forse l’unico teatro italiano ad aver mantenuto il proprio storico Laboratorio di Scenografia che lavora ancora utilizzando le tecniche pittoriche tradizionali di questa arte sviluppatasi a partire dal ‘700.

Così come per le scenografie e la regia, anche i costumi si sono mantenuti fedeli al progetto originale di Hohenstein. Anna Biagiotti ha ricostruito la storia e la sostanza di questi costumi da varie fonti: i bozzetti di Hohenstein, i disegni, le note e varie notizie riportate negli archivi dell'Editore Ricordi nonché i ritrovamenti dei costumi originali ancora conservati nei magazzini del teatro, risalenti alla prima del 1900. Dopo uno studio sui materiali, i colori, le tecniche utilizzate all’epoca, si quidni passati alla realizzazione dei costumi odierni, in piena sintonia con i bozzetti dell’epoca. Un risultato molto pregevole: i colori dei costumi, delle parrucche, fino al dettaglio dei fermacapelli utilizzati all'epoca. Una ricostruzione fedele e perfettamente integrata con la scenografia.

Per quanto riguarda gli interpreti, bravissima Anna Pirozzi nei panni di Tosca. Il soprano dopo il debutto nel 2012 al Teatro Regio di Torino con Un ballo in maschera ha poi calcato le scene in numerosi teatri internazionali sotto la direzione di Maestri come Riccardo Muti, Zubin Mehta, Daniel Oren ed ha cantato con artisti del calibro di Placido Domingo. Ha interpretato magistralmente la complessità del suo personaggio: una diva, apparentemente decisa, ma fragile e ricca di contraddizioni… Dalla gelosia all’amore per Cavaradossi, il rapporto freddo con Scarpia, la commovente romanza “Vissi d’arte, vissi d’amore”, il dissidio interiore nella scena della tortura del secondo atto, l’impulso omicida e l’odio feroce nei concitati momenti dell’omicidio di Scarpia, la gioia dell’incontro con Cavarodossi a Castel Sant’Angelo. È riuscita ad incarnare tutti questi sentimenti ed impulsi emotivi coinvolgendo il pubblico. Una voce chiara e potente, decisa, ma ricca di sfumature. Insomma, una prova davvero magistrale, giustamente onorata dal lungo applauso del pubblico alla fine.

Fabio Sartori veste i panni di Mario Cavaradossi. Ha un bel timbro vocale e una notevole versatilità. Sia nelle due bellissime romanze “Recondita armonia” (nel primo atto) e “E lucevan le stelle” che nei duetti con Tosca e nel teso confronto con Scarpia a Palazzo Farnese. Particolarmente bella la romanza del terzo atto “E lucevan le stelle”, nonché il duetto con Tosca sempre nel terzo atto “Via pel mar!”, dove i due protagonisti sembrano cantare in simbiosi l’uno con l’altra. Molto bella anche la scena a palazzo Farnese del secondo atto dove affronta mirabilmente il confronto con Scarpia.

Ma forse il vero protagonista è stato proprio Scarpia, impersonato da Erwin Schrott. È stato padrone della scena praticamente sempre. È un personaggio più intrinsecamente teatrale rispetto a Tosca e Cavaradossi, poiché non ha romanze o pezzi di bravura. Proprio per questo conta molto la capacità del cantante di recitare il ruolo più che cantarlo. Timbro deciso, movimento sicuro sulla scena, eccezionale capacità di recitazione drammatica e altissima tecnica di canto lirico. L’applauso degli spettatori è stata una vera esplosione dopo il finale dell’opera. È riuscito a rendere perfettamente il carattere del perfido capo della polizia papalina, con tutte le sue bassezze, i suoi trucchi ed anche con tutte le sfumature nel suo pseudo rapporto amoroso con Tosca.  

La direzione musicale del Maestro Michele Mariotti ha tenuto alta la tensione del dramma per tutto il tempo: non ci sono stati momenti di pausa o transizione. Direttore del Teatro dell’Opera di Roma del 2022, ha diretto nei principali teatri del mondo. Grazie alla bravura dell’orchestra del Teatro dell'Opera di Roma il Maestro è riuscito a rendere le mille sfaccettature e finezze dell'orchestrazione pucciniana producendo uno spettacolo davvero molto coinvolgente e bello. Una direzione attenta ai dettagli della partitura, alle sfumature cromatiche strumentali, molto tradizionale nell’interpretazione dei vari momenti e nell’impostazione dei cantanti, sia relativamente alle famose romanze, che ai passaggi più drammatici, accompagnando gli spettatori fino alla fine del dramma.

Una bella produzione che speriamo contribuisca ad avvicinare il pubblico dei più giovani alla grande musica lirica italiana, recentemente entrata a far parte del patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO. Nella nostra pur limitata esperienza, abbiamo notato una buona presenza di giovani tra il pubblico dell’affollata serata dello spettacolo: speriamo sia di buon auspicio per il futuro di questa forma d’arte così importante.