Recensioni - Opera

A Roma l'Aida magistrale di Michele Mariotti

Nell’Aida romana tradizione e modernità hanno creato uno spettacolo magico.

C’è chi è fautore delle regie così dette tradizionali e chi delle regie moderne. Ebbene, questo spettacolo accontenta entrambi. È una produzione da ricordare nella sua completezza, ovvero musicalmente, registicamente, scenicamente.

Cominciamo parlando della musica, la vera protagonista dell'opera lirica o almeno così dovrebbe. Il Maestro Michele Mariotti ha saputo estrarre tutte le sottigliezze che Verdi aveva inserito nella partitura, delle vere chicche riscoperte in questa esecuzione. Aida è soprattutto un’opera intimistica, dove l’amore contrastato è il protagonista, dove viene evidenziata l’intolleranza verso lo straniero. Troppo spesso Aida viene eseguita sottolineando solo gli aspetti guerreschi, quasi come se fosse una musica da banda.

In questa esecuzione non è assolutamente così.

Le trombe sottolineano dei passaggi d'animo in modo mai udito nella mia cinquantennale frequentazione del melodramma. Inoltre il maestro, alla ricerca del suono perfetto e bilanciato, ha spostato gli elementi dell’ orchestra: i violini davanti a lui, sulla sua sinistra flauti, clarinetti, corni, oboe, violoncelli contrabbassi, arpe mentre a destra viole trombe tromboni percussioni. Ed ha saputo amalgamare il suono con il canto non coprendo mai i cantanti. È veramente un grandissimo direttore e concertatore, un vero talento musicale. Il pubblico ha apprezzato il suo lavoro tributandogli interminabili applausi.

L'orchestra è stata all'altezza delle aspettative e gli assoli strumentali, moltissimi, sono stati eseguiti magnificamente. Un elogio merita anche il Coro dell’Opera di Roma, diretto dal maestro Ciro Visco che ha fornito una esecuzione indimenticabile, con un canto pieno e che sembrava di voce sola tanto era perfettamente compatto. Straordinario soprattutto nelle scene del primo e del terzo atto dove le invocazioni agli Dei sono state sussurrate, una vera preghiera, di una intensità spirituale mai percepita, mentre quando c’era l’incitazione alla guerra il canto era fortissimo. Per me l’interpretazione di ieri lo pone come il miglior coro che esista ora.

Interessanti e per niente disturbanti le scene di Gio' Forma, molto semplici composte da un grande monolite su cui erano proiettate immagini astratte delle varie situazioni, pochi elementi mobili, una conca semicircolare che veniva illuminata a seconda del quadro. Nulla di troppo, solo il necessario per la buona riuscita dello spettacolo. Stupende le luci di Antonio Castro, col rosso acceso quando si incita alla battaglia e i sacerdoti condannano Radames, dorate nelle scene in cui compariva il faraone, il bianco luminosissimo del finale quando i due amanti vanno verso la morte terrena entrando nella luce, la tomba definita da un rettangolo di luce nella semi oscurità, il verde azzurro e blu nell'oscurità della sera nella scena del Nilo.

Belli i video di D-Wok: sul preludio viene proiettata sul monolite la tomba col corpo disteso di Radames e di Aida, le immagini delle persone disperate, la proiezione del tempio nella scena del Nilo. I costumi di Gianluca Falaschi sono coerenti con gli abiti egizi ed etiopi, di buona fattura e tessuto. La regia di Davide Livermore ha saputo cogliere e sottolineare momenti passati spesso come banali. Per esempio la scena della marcia trionfale era statica e non dinamica, con il coro che entra compatto, esce mentre viene eseguito il balletto e rientrano tutti insieme: in tal modo è stata accentuata l'intensità della musica.

Per onore di cronaca sono state contestate le coreografie da una parte del pubblico, non numeroso. Non sono una esperta di balletto ma se si poteva dir qualcosa su quelle del primo atto, quelle del secondo mi erano sembrate molto pertinenti. Inoltre Amonasro non entra impettito, ma si nasconde in mezzo ai suoi: è un Re in incognito e non deve farsi riconoscere. Durante l’incontro con la figlia entra da solo, ma poi alcuni guerrieri lo seguono e controllano che non arrivi nessuno. Quando Aida dice al padre che non farà quanto le viene chiesto, Amonasro scuote la testa e si allontana, seguito dai suoi fidi. Ma quando Aida gli dice che non è schiava, lui ritorna sui suoi passi. Quando vengono scoperti e fuggono, la guardia del corpo di Amonasro lo circonda per difenderlo.

Entrambi i cast erano di altissimo livello. Le due soprano Krassimira Stoyanova e Vittoria Yeo sono forse le migliori Aida che si possano ascoltare oggi. Aida, personaggio dilaniato tra l’amor di Patria e l’amore per un nemico. Inoltre, ella stessa prigioniera e schiava della figlia del Faraone che si scoprirà poi essere sua rivale in amore. Questo duplice aspetto rende l’interpretazione scenica e canora molto complessa. Ma entrambe sono state stupendamente emozionanti e perfette.

Radames era interpretato da Gregory Kunde e Luciano Ganci. Gregory Kunde è stato da sempre un grandissimo tenore, che da pochi anni è passato al repertorio verdiano. Se anche non ha le coloriture verdiane, la sua voce è possente e ferma: è un cantante di una sicurezza di emissione sorprendente, considerando anche la sua età. È capace di emozionare e ogni volta ci sorprende per la sua bravura.

Luciano Ganci porta il nome di un indimenticabile tenore del passato che è stato, tra l’altro, anche un grande Radames. Il nome gli va a pennello in quanto è forse la più bella voce tenorile dei nostri giorni. La sua recita è stata esemplare, piena di patos e passione, senza risparmiarsi negli acuti, con un canto limpido e avvolgente. Molto bravo.

Amneris era interpretata Ekaterina Semenchuk e Irene Savignano. Ekaterina Semenchuk ha entusiasmato oltre ogni dire, è stata l’indiscussa regina del palcoscenico. Le sue scene sono state travolgenti, la voce è possente, la dizione perfetta e l’interpretazione non ha eguali. Irene Savignano è una giovane artista che si è diplomata alla “Fabbrica” Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma. Ha una bellissima voce, la sua interpretazione scenica e vocale è stata di buon livello.

Il baritono Vladimir Stoyanov interpretava Amonasro con entrambi i cast. Ci ha deliziato di un personaggio completo musicalmente e scenicamente: la sua eleganza vocale e la morbidezza del suono si è distinta nei passaggi emotivi, dal drammatico al paterno, con le note centrali perfette, acuti squillanti, perfettamente a suo agio nel personaggio. Altro protagonista con entrambi i cast è stato il basso Riccardo Zanellato, che interpretava Ramfis: è un cantante di esperienza, una sicurezza averlo in ogni produzione. In questa è stato un ottimo Gran Sacerdote, un artista di riferimento per tutti i ruoli di basso. Da ricordare anche gli ottimi Giorgi Manoshvili, che interpretava il Re, Veronica Marini, la sacerdotessa e Carlo Bosi il messaggero.

Alla fine applausi interminabili per il Maestro Mariotti e per tutti i protagonisti.

Peccato che le recite siano finite, sarei stata volentieri ancora a Roma e non sarei mai stata sazia di questo capolavoro di Verdi, cantato e diretto come il compositore aveva voluto fosse.