Ottimo cast per una riuscita ripresa dell’opera giovanile di Giuseppe Verdi
Al Teatro Filarmonico di Verona viene proposta “Stiffelio”, opera giovanile di Verdi in un allestimento di qualche anno fa ripreso da Parma. Regia e luci di Guy Montavon, scene e costumi di Francesco Calcagnini.
Non certo un’opera di gran repertorio, ma un recupero degno di nota per un lavoro che ha diversi elementi di interesse. In primis la storia, di matrice francese, basata sulla commedia Le Pasteur di Émile Souvestre ed Eugène Bourgeois, ma di ambientazione germanica e luterana. Il libretto è di Francesco Maria Piave.
Stiffelio, tenore, è appunto il Pastore del titolo, alle prese con la conclamata infedeltà della moglie, soprano; il protagonista è lacerato fra il proprio risentimento, il rapporto con il perdono cristiano e il dogma religioso. Terzo incomodo è il padre di lei, baritono, preoccupato essenzialmente di salvare l’onore della figlia e che arriverà per questo ad ucciderne l’amante. Il finale in chiesa durante la funzione, in cui il pastore perdonerà l’adultera citando le parole della bibbia. La società luterana anestetizza dunque la pulsione erotica nel rigore della fede e del dovere.
La messa in scena di Guy Montavon è sostanzialmente classica e illustrativa, ma sicuramente caratterizzata da attenzione scenografica e buon gusto nel disporre cantanti e coro. Ambienti asettici, sui toni del grigio, grandi tavoli che creano distanza fra i personaggi, ringhiere, tombe ben allineate: un richiamo costante all’ordine e al rigore. Tutti vestono di nero o di grigio con chiari rimandi ai beghinaggi di matrice nordica. Assolutamente azzeccato il finale simbolico: il coro è irreggimentato, un esercito più che un consesso di fedeli; grandi libri alle pareti richiamano la bibbia; una pietra sovrasta ogni corista, simbolo dell’incapacità di perdono di una società gretta e bigotta. Stiffelio nel finale si redime perdonando la moglie colpevole. Una lettura coerente e attenta insomma, certo non sempre si evita l’effetto del “concerto in costume”, ma nel complesso lo spettacolo si segue ed è piacevole e ben calibrato.
Ottima la compagnia di canto in cui spiccano Luciano Ganci (Stiffelio) e Vladimir Stoyanov (Stankar). Il primo esibisce una voce squillante, sicura agli acuti, timbrata e di notevole volume e sonorità. Il tenore si trova a proprio agio sia vocalmente che scenicamente in una parte che più di altre si adatta alle caratteristiche fisiche e recitative dell’interprete. Il secondo è superbo per la nobile linea di canto e il fraseggio finissimo, delineando un personaggio combattuto e dolente che mostra in nuce gli sviluppi verdiani che porteranno a Rigoletto e Germont Padre.
Ottima anche Caterina Marchesini come Lina, forte di una voce sicura e di una buona aderenza al personaggio. Professionale e convincente anche il resto del cast: Carlo Raffaelli, Gabriele Sagona, Francesco Pittari e Sara Rossini.
Corretta la direzione di Leonardo Sini.
Molti applausi con lancio di fiori per i protagonisti.
Raffaello Malesci (Domenica 27 Ottobre 2024)