Recensioni - Opera

A Verona un Flauto Magico cantato in tedesco e recitato in italiano

Successo e grande afflusso di pubblico per un’edizione del capolavoro mozartiano non più che convenzionale

Il 2024 al Teatro Filarmonico di Verona parte con “Il Flauto Magico” di Wolfgang Amadeus Mozart affidato alla regia di Ivan Stefanutti e alla direzione musicale di Gianna Fratta. L’allestimento in cooperazione con Operalombardia era già stato presentato nel 2023 a Cremona e Como.

La prima particolarità di questa edizione riguarda una schizofrenia linguistica per cui si è scelto di cantare i pezzi musicali in lingua originale, mentre i recitativi non accompagnati tipici del Singspiel germanico, ovvero testo da recitare in prosa, sono stati eseguiti in italiano. Scelta curiosa e non particolarmente azzeccata. Perché a questo punto non cantare tutto in italiano? Inoltre, alcuni interpreti recitavano con forte accento straniero, altri poi con marcati accenti regionali, oppure infarcendo la povera lingua italiana di grossolani errori di dizione. Un pasticcio insomma.

Ivan Stefanutti curava regia, scene e costumi. L’ambientazione è fiabesca, con rimandi alla Cina, all’Arabia, al Giappone. Alcune colonne laterali intarsiate inquadravano la scena, sullo sfondo le solite proiezioni con cieli stellati e quant’altro. Qualche quinta scenica che cala qua e là durante l’azione a suggerire la prigione, il sole degli illuminati e così via. I costumi assurdamente eterogenei, con Papageno vestito da Aladino, le tre dame da Dee Kalì, mentre Tamino sembrava il Principe di Persia in prestito dalla Turandot. Il coro pareva giungere direttamente dal Ratto dal Serraglio dello stesso Mozart. Poco o nulla curati i movimenti e la regia, con i personaggi che, per la maggiore, si limitavano ad entrare, cantare ed uscire. Qualche piacevole colpo d’occhio non salva una messa in scena più che convenzionale.

Purtroppo non è andata molto meglio dal punto di vista musicale a partire dalla direzione scolastica e noiosa di Gianna Fratta, che è riuscita a rendere uniforme e monotona una partitura come il Flauto Magico.

I cantanti, tutti o quasi giovani, hanno risentito negativamente dell’insieme e non hanno brillato. Si salva per verve e buona volontà il Papageno di Michele Patti, che, forte di una voce ben impostata, spinge sull’effetto e sull’acuto. Papageno però è parte molto più complessa delle note scritte e sul fraseggio, sulla parola in musica, l’interprete mostra le corde. Insomma per Papageno bisogna saper recitare cantando e questo non si improvvisa. Al suo fianco la simpatica Papagena di Giulia Bolcato. Gilda Fiume spicca per una Tamina dalla buona linea di canto, anche se costretta in un costume improponibile e matronale. La regina della Notte di Anna Siminska si è limitata ad entrare e uscire cantando quasi tutte le note, quasi tutte giuste. Accontentiamoci. Discreto Alexander Vinogradov come Sarastro. Professionali le tre dame: Marianna Mappa, Francesca Maionchi e Marta Pluda. Non pervenuti gli altri.

Grande successo di pubblico nel finale.

Raffaello Malesci (Mercoledì 24 Gennaio 2024)