
Al Vicenza Opera Festival intrigante edizione dell’Ariadne auf Naxos di Strauss preceduta dalle musiche di scena del Bourgeois Gentilhomme
Ariadne auf Naxos di Richard Strauss nasce nel 1911 come una sorta di ibrido teatrale tra prosa e lirica. Il poeta e librettista Hugo von Hoffmansthal suggerì infatti al musicista di comporre un atto unico basato sul mito di Bacco ed Arianna da inserire al termine della rappresentazione del Bourgeois gentilhomme di Molière in sostituzione della pantomima che il protagonista Monsieur Jourdain offre ai suoi ospiti.
Il progetto vide la luce il 25 ottobre 1912 al Königliches Hofteather di Stoccarda in cui alla rappresentazione del Bourgeois Gentilhomme tradotto dallo stesso Hofmannsthal con musiche di scena composte da Richard Strauss -in sostituzione di quelle originali di Lully- seguì la prima assoluta dell’Ariadne auf Naxos. La serata fu un mezzo fiasco, vuoi per la durata eccessiva della proposta, vuoi perché il pubblico della prosa non era interessato all’opera lirica e viceversa. Per questo motivo compositore e librettista decisero di svincolare totalmente l’opera dalla commedia di Molière ed elaborarono un prologo di squisito gusto metateatrale in cui un ricco mecenate per allietare i suoi invitati organizza una serata durante la quale, a causa di un disguido, una grande cantante lirica dovrà esibirsi contemporaneamente ad una compagnia di comici e la rappresentazione che ne scaturirà sarà appunto l’Ariadne auf Naxos. Questa nuova versione che debuttò a Vienna nel 1916 è quella che tuttora si esegue abitualmente nei teatri.
In occasione del Vicenza Opera Festival 2024, alla testa della sua Opera Company, Ivan Fischer ha presentato al Teatro Olimpico un’edizione dell’Ariadne che recuperava in parte lo spirito della prima versione, sostituendo il prologo con la suite che Strauss ricavò dalle musiche di scena composte per il Bourgeois e quindi ricreando il legame tra i due capolavori come era nelle intenzioni originarie degli autori. Va tuttavia sottolineato che, al di là della condivisibilissima scelta di aver evitato qualunque passaggio in prosa, non si è trattato di un’operazione realmente filologica, infatti la suite eseguita è costituita da 9 dei 17 brani originali ed anche per la partitura di Ariadne è stata scelta la seconda versione che, pur essendo quasi identica a quella del 1912, differisce per alcuni piccoli passaggi, i più significativi dei quali si riscontrano nel finale e nell’aria di Zerbinetta. Ciò non toglie che questo inusuale abbinamento si sia rivelato una scelta vincente che ha permesso di riscoprire una delle pagine sinfoniche più vivaci ed intriganti di Strauss eseguita di rado e solo in forma di suite da concerto, che qui invece ha ritrovato il suo rapporto con il palcoscenico.
Già dalle prime battute si è intuito che l’intenzione era quella di far rivivere l’atmosfera briosa ed allegra della pièce teatrale. Sulle note delle musiche di scena infatti Fischer, coadiuvato nella regia dalla coreografa Chiara D’Anna ha creato delle azioni che, oltre a coinvolgere le maschere e due mimi dalla vitalità mercuriale (i bravi Utka Gavuzzo e Camillo Daouk), hanno visto protagonisti anche alcuni membri dell’orchestra disposta direttamente sul palcoscenico. Alcune gags sono risultate particolarmente gustose, quali ad esempio il duello a colpi di archetto durante la musica legata alla scena del maestro di scherma, o il primo violino che se ne va a cavalcioni di Brighella o le due viole che al termine del loro assolo ricevono l’elemosina, o lo stesso Fischer che viene fatto addormentare su una roccia. Altri passaggi invece apparivano più accademici e, nel continuo viavai dei cantanti (nello specifico anche ottimi attori) meno legati ad una vera e propria narrazione. Ciò non toglie che l’obbiettivo sia stato centrato in pieno, sia dal punto di vista teatrale, sia da quello musicale, infatti, nonostante le varie azioni di “disturbo” da parte delle vivaci maschere, la formidabile Budapest Festival Orchestra ha sempre mantenuto un suono luminosissimo e spigliato dalla qualità eccelsa contribuendo a rafforzare una tanto divertente quanto efficace complicità tra cantanti e strumentisti.
Più composta e tradizionale la messinscena dell’Ariadne che si svolgeva sul palcoscenico in coabitazione con l’orchestra che, posizionata tra pannelli che raffiguravano delle onde ispirate alla grafica di Lele Luzzati e vestita con cappellini azzurri, rappresentava il mar Egeo che lambiva le coste di Naxos. Va aggiunto che, trattandosi di un’opera abbastanza statica non si sono necessari grandi spazi per l’azione, pertanto l’essenziale impianto scenico di Andrea Tocchio, che oltre al mare prevedeva qualche roccia -al resto ha provveduto come sempre in questo teatro la scenografia dello Scamozzi- si è rivelato funzionale ad una lettura registica di impostazione sostanzialmente tradizionale e virata ad una sottile ironia che non ha disdegnato qualche tocco kitsch. Di grande impatto scenico i costumi firmati da Anna Biagiotti caratterizzati da colori sgargianti che hanno contribuito alla vitalità dell’insieme.
Di eccellente livello l’aspetto musicale grazie innanzitutto alla straordinaria prova fornita dall’orchestra che anche nella seconda parte ha sfoggiato un suono impeccabile, ricco di screziature ed attento alla ricca tavolozza timbrica richiesta da Strauss. Ottimo il cast dominato dalla spigliata Zerbinetta di Anna-Lena Elbert, carismatica sulla scena e funambolica nelle agilità, mentre Emily Magee è stata un’Ariadne dal timbro sontuoso ad onta di qualche incertezza nell’acuto. Il Bacco di Andrew Staples si è distinto per la voce piena e squillante come incisive sono state le prove delle maschere, rispettivamente: Gurgen Baveyan (Arlecchino), Stuart Patterson (Scaramuccio), Daniel Noyola (Truffaldino) e Juan de Dios Mateos (Brighella). Rimarchevoli anche le prove del trio femminile costituito da Samantha Gaul, Olivia Vermeulen e Mirella Hagen.
Al termine l’esecuzione è stata accolta da applausi entusiasti per tutti da parte di un Teatro Olimpico esaurito in ogni posto.