Recensioni - Opera

A vele spiegate il Corsaro a Genova

I pirati e i corsari sono sempre stati degli eroi nella fantasia di bambini e bambine. E l’opera Il Corsaro di Giuseppe Verdi messa in scena a Genova ci ha fatto ritornare fanciulli

È un’opera poco rappresentata e conosciuta, si dice perché scritta di getto dal compositore che solitamente era molto pignolo col testo del libretto e nella stesura musicale. Ignoro perché abbia avuto poca fortuna perché ritengo contenga tutta la genialità di Verdi, sviluppata e raffinata nelle opere successive.

Nulla manca del mondo dei corsari e dei loro nemici musulmani. La regia di Lamberto Puggelli è veramente deliziosa e vagamente salgariana. Corrado assomiglia a Sandokan con i capelli sciolti e lunghi come l’eroe malese. Nessun gesto si distacca dalla frase musicale, il tutto è molto curato e veramente piacevole da gustare, senza dover fare voli pindarici per cercare di capire cosa il regista avesse in mente. Il mare è il protagonista assoluto di questo dramma, in cui la morte vince sull’amore. Il mare la fa da padrone in tutte le scene con le vele spiegate o arrotolate che scandiscono i cambi di scena. Il ponte della nave diventa il luogo della battaglia, la poppa la scala da cui entra in scena Medora, preoccupata del ritardo del suo amato Corrado. Le vele di colore differente rappresentano il cambio dell’azione scenica: rosse per il palazzo di Seid, giallo oro per l’harem e grigio di payne per la nave corsara.

Le scene sono di Marco Capuana. Di bella e ormai rara fattura i costumi di Vera Marzot. Stupende le luci di Maurizio Montobbio, principalmente nella scena della prigione del terzo atto dove l’effetto dell’attesa della morte e della successiva fuga viene scandito con il cambio costante di luci tra il chiaro e scuro. Non potevano mancare i duelli e gli scontri ben coordinati dal maestro d’armi Renzo Musumeci Greco.

Memorabile la direzione del Maestro Renato Palumbo che meriterebbe maggior visibilità nei teatri italiani. La sua concertazione è riuscita ad estrarre l’essenza della partitura del primo Verdi, sviluppando tutti i colori dei personaggi già pregni delle sfumature che caratterizzeranno il compositore negli anni della maturità. Infatti già qui Verdi ha messo le basi, espresso e sviluppato la sua magia, che il direttore ha saputo portare alla luce, ben coadiuvato dall’ Orchestra del Teatro Carlo Felice, e da una compagine di indubbio valore. Di altrettanta bravura il Coro del teatro diretto dal Maestro Claudio Marino Moretti.

Il primo Verdi mette a dura prova le voci dei cantanti in quanto è come una corsa ad ostacoli in cui si succedono recitativi, arie, cabalette.

Il tenore Francesco Meli è profeta in patria, contrariamente al detto, in quanto ci ha deliziato con la sua interpretazione dell’eroico Corrado, in cui ha sfoggiato la sua granitica tecnica, acuti squillanti, voce che corre, grande presenza scenica e perfezione assoluta nei recitativi. Infatti si muove con disinvoltura sia scenicamente, rendendo reale il personaggio, che vocalmente, superando senza fatica le difficoltà della partitura e valorizzando il personaggio attraverso le sfaccettature vocali.

Sempre piacevole ascoltare Irina Lungu, che interpretava Medora. Di gran classe i suoi filati, eseguita con tecnica ferrea l’aria “Non so le tetre immagini”; altrettanto efficace nei duetti con Corrado e nella scena finale della morte.

Olga Maslova ha dato voce e portamento a Gulmara, interpretandola con lo slancio che il personaggio merita. Ha sfoggiato sicurezza nel canto e una dizione perfetta. Seid era Mario Cassi, egregia la sua interpretazione del Sultano, molto bravo nel terzo atto.

Degni di menzione gli altri interpreti: Saverio Fiore come Selimo, Giuliano Petouchoff, l’eunuco, Adriano Gramigni, Giovanni e Matteo Minchi uno schiavo.

Scroscianti applausi per tutti dopo le rispettive arie e alla fine, con vere ovazioni per Francesco Meli e Renato Palumbo.