Recensioni - Opera

Al teatro Grande una Butterfly tre volte bresciana

Brescia inaugura la stagione lirica con il capolavoro pucciniano nella versione bresciana diretta dal bresciano Riccardo Frizza.

È fatto risaputo che la prima rappresentazione di Madama Butterfly di Giacomo Puccini al Teatro alla Scala il 17 Febbraio 1904 fu un fiasco colossale che costrinse il compositore a ritirare la partitura ed a sottoporla ad un’ampia revisione. La rinascita dell'opera avvenne tre mesi dopo, il 28 maggio, al Teatro Grande di Brescia in una nuova versione che ne decretò il successo trionfale. L'opera fu poi oggetto di ulteriori revisioni fino alla versione che viene eseguita ancora oggi ovvero quella di Parigi del 1906.
Nell'anno di Brescia e Bergamo capitali della cultura il Teatro Grande ha scelto di inaugurare la stagione lirica 2023/24 con una nuova produzione di Madama Butterfly proponendo l'edizione bresciana in una delle sue rare esecuzioni. Questa versione differisce da quella parigina sostanzialmente per alcuni passaggi che poi vennero tagliati relativi a battute rivolte da Pinkerton (che qui si chiama ancora Francis Blummy e non Benjamin Franklin) ai tre servitori ed una maggiore attenzione per la madre e la cugina di Cio-Cio San durante la scena del matrimonio, cui vengono attribuite alcune frasi, e la scena dell'ubriacatura dello zio Yakusidè: piccole note di colore che enfatizzano il contrasto culturale tra Giappone e Stati Uniti che nelle varie revisioni verrà smussato.

La nuova produzione che replicherà in autunno nei teatri del Circuito Lombardo è stata affidata alla regista greca Rodula Gaitanou che ha firmato uno spettacolo sostanzialmente tradizionale. la casa di Cio-Cio San è stilizzata in una pedana delimitata da quattro pali, adagiata su un palcoscenico ondulato che dovrebbe rappresentare le colline di Nagasaki.
I personaggi che indossano abiti dai colori accesi disegnati da Takis (autore anche delle scenografie) agiscono secondo schemi ampiamente consolidati senza particolari stravolgimenti rispetto al libretto, al punto che il finale rispecchia fedelmente le indicazioni originali, con il bambino a proscenio che sventola la bandierina americana e Butterfly che si uccide dietro al paravento, contrariamente alla quasi totalità degli allestimenti moderni che optano per altre soluzioni. Interessante l'idea di amplificare le varie situazioni emotive a livello scenografico con la salita e discesa di quinte colorate e cambi luce (efficacemente progettati da Fiammetta Baldiserri) che oscillano dalle atmosfere pastello nel matrimonio a quelle livide e metalliche dell'attesa nel secondo atto o al suggestivo gioco d'ombre di stampo espressionista nella scena tra Butterfly e il Console.
Uno spettacolo nel complesso funzionale che scorre in modo lineare cui forse si sarebbe potuto chiedere qualcosa di più a livello di approfondimento dei protagonisti e di movimento delle masse, come anche nel finale che, con l'arrivo di tutti in scena dopo l’harakiri, crea una sorta di viavai che ne ridimensiona la potenza drammatica.

Di buon livello il versante musicale che ha visto in Vittoria Yeo, peraltro intervenuta a pochi giorni dal debutto in sostituzione dell’indisposta Eleonora Buratto, una Butterfly intensa e credibile. Forte di una solida linea di canto e di un fraseggio ricco e fumato la cantante coreana ha riscosso un grande successo personale. Al suo fianco la Suzuki di Asude Karayvuz si è caratterizzata per una bella voce brunita, timbrata nel registro grave e morbida nei centri e un'interpretazione di grande efficacia. Devid Cecconi è stato uno Sharpless corretto e ben cantato cui forse si sarebbe chiesta maggiore incisività mentre il Pinkerton eroico e baldanzoso di Sergio Escobar ha denotato più di un problema a livello vocale sia nel registro centrale che negli acuti. Apprezzabili le prove di Giuseppe Raimondi (Goro) e Masashi Tomosugi (Yakusidé) come si è ben distinto il Coro di Operalombardia diretto da Diego Maccagnola.

Al suo debutto nel capolavoro pucciniano, alla testa dell'orchestra I Pomeriggi musicali, il maestro Riccardo Frizza ha optato per una lettura che esaltasse la modernità e le intuizioni novecentesche della partitura (non va dimenticato che Salome ed Elektra sono praticamente coeve) mettendo da parte quel sentimentalismo che una certa tradizione interpretativa ha attribuito a Puccini a discapito della componente drammatica. Quella di Frizza è una Butterfly in crescendo che, se nel primo atto dà a volte l'impressione di coprire le voci con un'orchestra imponente, dal duetto d'amore trova le tinte giuste e nel secondo atto raggiunge vette espressive notevoli.
Un teatro esaurito, nonostante il debutto fuori stagione, ha risposto calorosamente con punte di entusiasmo per Vittoria Yeo.