Il capolavoro shakespeariano nell’allestimento di Valter Malosti al Sociale
Amleto è un caposaldo della drammaturgia occidentale con cui ogni uomo di teatro deve fare, prima o poi, i conti. Lo fa anche Valter Malosti, regista del teatro Dionisio di Torino, capeggiando un gruppo di giovani attori neo diplomati allo Stabile, sempre di Torino, presentandolo al Teatro Sociale di Brescia dal 27 febbraio al 3 marzo. Al richiamo del principe di Danimarca il pubblico accorre per l’ennesimo allestimento della tragedia più rappresentata al mondo.
Variegato il target anagrafico: giovani studenti neofiti del teatro shakespeariano molto curiosi e signori attempati al seguito di mogli a far di conto a quanti Amleto abbiano visto durante la loro vita. Tutti accomunati dalla totalità con cui si ripropone il cuore del problema umano, quella suprema domanda sul senso dell’esistere non posta in termini astratti o sfuggenti, ma urlata dentro il rapporto tra padre, madre e figlio.
La stanza reale, la camera del nuovo re e della regina diventa la scenografia dove Amleto rimane prigioniero del suo dramma, come se fosse obbligato a vedere tutto ciò che vi succede e dove svilupperà il suo agire, come se la sua mente fosse da sempre rinchiusa in quella camera da letto (prima del padre) e che diventerà la sua tomba. Tutto passerà di lì, anche il desiderio di Ofelia, su cui si riflettono, come in uno specchio, le ferite dell’anima di entrambi.
Pregevole l’interpretazione di Malosti nella doppia parte dello zio e dello spettro, come del primo attore a capo dei comici; spiazza un po’ invece la fisicità di Amleto, poco nordico, nell’esternare il suo tormento intimista, ma in complesso un buon spettacolo, senza picchi di recitazione ma furbescamente arricchito di ottimi sound e light designer ben scanditi nel raccontare le vicissitudini dello sfortunato principe di Danimarca.
Alla fine un doveroso e sentito ricordo per Federica Genovesi, costumista dello spettacolo, scomparsa l’11 febbraio sorso all’età di soli 41 anni. Stava cucendo i vestiti di Amleto, ha ricordato Malosti, e noi abbiamo scelto di indossarli non finiti in suo onore. Commuovente, come la tragedia di Amleto.
Severino Boschetti 01/03/2013