Anche nel capoluogo marchigiano si apre il sipario sulla nuova stagione lirica nel teatro alle Muse Franco Corelli con una delle opere più amate di Giuseppe Verdi
Andata in scena nel 1842 al Teatro alla Scala, è stato il primo vero successo del cigno di Busseto. La nuova produzione si avvale della regia di Mariano Baudin, scene e luci sono di Lucio Diana.
Lo spettacolo è minimale con una scalinata al centro contornata da elementi di legno che richiamavano la cultura mesopotamica, tra cui il cavallo di Nabucco e i drappi orientali che cambiavano a seconda degli avvenimenti della storia. Di bell'impatto le luci dalle tinte forti tra cui il rosso e il verde. Ottimo come sempre il lavoro nei costumi di Stefania Cempini che identificavano bene i protagonisti dell'opera.
L'Orchestra Filarmonica Marchigiana brilla dei giusti colori, grazie all'attenta direzione di György Győriványi Ráth che ha messo in risalto la bellezza della partitura. Sin dall'ottima sinfonia iniziale si sono colte le giuste dinamiche, con passaggi battaglieri e momenti di intimismo lirico, una misurata concitazione dei tempi e un perfetto equilibrio tra buca e palcoscenico.
Il coro lirico marchigiano Vincenzo Bellini si è fatto trovare in ottima forma, mostrando compattezza nelle varie sezioni, sotto la guida del giovane maestro Francesco Calzolaro. Tra i numerosi interventi segnaliamo l'ardente "Gli arredi festivi", e il celeberrimo "Va pensiero".
Nel ruolo del protagonista troviamo Devid Cecconi che ha sostituito in tempi record l'indisposto collega Ernesto Petti. Il baritono ha mostrato la sua professionalità con una voce solida e potente che gli permette di gestire la parte con facilità. Molto credibile anche a livello attoriale nel finale del secondo atto con “Chi mi toglie il regio scettro". L'aria "Dio di Giuda" è risolta con buone mezzevoci, invece nella cabaletta "Cadran, cadranno i perfidi" sfoggia una certa fluidità, con un lungo e centrato la bemolle finale.
Rebeka Lokar ha delineato una Abigaille energica, a tratti poco sanguigna, con una buona dizione. Il timbro non è sempre uniforme, specialmente nei passaggi di registro, ma nel complesso il personaggio funziona, come dimostra nell'intenso finale "Su me morente esanime".
Notevole lo Zaccaria di Nicola Ulivieri. La voce brunita, tonante, pastosa e il valido fraseggio sottolineano la giusta autorevolezza. Ben riuscita la cavatina "D'Egitto là sui lidi", solenne e toccante la preghiera "Vieni, o Levita" nel secondo atto. Convincente anche l'Ismaele di Alessandro Scotto Di Luzio con voce chiara e squillante unita ad una buona tecnica. La Fenena di Irene Savignano ha una voce non proprio centrata per il personaggio. Debole nel registro basso, più convincente nelle note acute come si evince nella preghiera "Oh dischiuso il firmamento". Ben assortito il resto del cast con i validi Andrea Tabili (Gran Sacerdote di Belo), Antonella Granata (Anna) e il sonoro Abdallo di Luigi Morassi.
Teatro con vari posti liberi, ma caloroso di applausi per tutto il cast, dominato da Cecconi e Ulivieri.
Marco Sonaglia (Teatro delle Muse 27 ottobre 2024)